14 giugno 2021

Thomas Hardy
Due occhi azzurri

Titolo originale A Pair of Blue Eyes

Trama
Fazi | pag. 428 | € 18,00
La bellissima e volubile Elfride, orfana di madre e unica figlia del pastore Swancourt, si innamora di Stephen Smith, giovane architetto di Londra erroneamente ritenuto di nobili origini. Poi, quando questi per poterla sposare accetta un incarico in India, Elfride conosce l’affascinante e maturo Henry Knight, antico mentore di Stephen; ben presto Knight, come già era accaduto al suo pupillo, perde la testa per la fanciulla. Elfride, divisa tra la promessa di fedeltà a Stephen e la nuova passione per Knight, infine accetta la proposta di matrimonio di quest’ultimo. Ma ancora una volta le cose non vanno come immaginato: una presenza oscura dal passato di Elfride insinua in Knight il tarlo del sospetto sull’onestà della sua futura sposa e il fidanzamento è sciolto. Smith e Knight si incontreranno casualmente qualche anno più tardi, entrambi si scopriranno ancora innamorati di Elfride, ma ormai sarà troppo tardi.
Stephen si era innamorato di Elfride guardandola, Knight smettendo di farlo.
Commento
Dare un voto così basso a Thomas Hardy mi causa un notevole dolore al cuoricino, ma purtroppo devo tenere conto che ho provato di un tipo diverso di dolore durante la lettura, cioè quello della delusione.
Di solito con un romanzo di Hardy so sempre cosa aspettarmi e, nel caso in cui non mi piaccia da morire, c'è sempre qualcosa che rimane e che rende la lettura degna di essere fatta. A volte, però, la predisposizione mentale mi mette in un mood che boicotta il romanzo fin dall'inizio: spero e mi aspetto qualcosa che non arriva, o che arriva in modi che non mi sconfinferano e che mi mettono in una posizione di sopportazione indegna di questo autore. Al 100% la colpa è mia, Hardy è un gigante del suo genere e non sono degna nemmeno di lamentarmi e, più in generale, la media dei voti è sempre alta, eppure - eppure - come lettrice posso tenermi per me la delusione di non aver sperimentato ancora una volta l'idillio hardiano.
Dando per scontato che nulla nello stile o nel lessico - inclusa la traduzione - non funziona meno che bene, e che tutto rispecchia al massimo Hardy e il suo periodo, rimane solo la trama da poter criticare.
Non mi è piaciuto quasi nulla dei personaggi della storia, ho trovato difetti enormi in ognuno di loro, mentre l'ambientazione della campagna inglese è sempre talmente meravigliosa e ben fatta che spesso ruba il ruolo di protagonista. La descrizione della natura e degli spazi è sempre stata una caratteristica distintiva dei romanzi di Hardy, così come la sua presenza massiccia nella narrazione è una costante che catalizza l'attenzione ed è veicolo per descrizioni che evocano immagini bucoliche precise come fotografie. Hardy ha la capacità di trasportarti nello spazio, spostarti grazie alle sue parole da una città afosa come Milano nella campagna inglese fresca e bagnata e spazzata dal vento. Ci vuole un po' per abituarsi, ci vuole pazienza per raggiungere quel punto di rottura che cattura la tua attenzione e ti catapulta dentro la storia, ma quando succede è difficile uscirne. E' questo il pregio assoluto di Hardy che, ancora una volta, si ripresenta in questo romanzo. Poco importa se ti immergi e poi scopri che i personaggi non ti piacciono perché la trama è costruita in un modo tale che ti suscita continuamente la smania di vedere e sapere perché il voyerismo morboso per le sfighe dei suoi personaggi che Hardy suscita in me ha qualcosa di estremo e sublime.
Ora alla parte deludente. Elfride è una giovinetta che vive con il padre, curato di un piccolo villaggio e imparentato alla lontana con la piccola nobiltà. Elfride cresce abbastanza libera perché il padre non vede la necessità di preoccuparsi troppo, la asseconda perché è una brava ragazza e non ha grilli per la testa ma, così facendo, le permette di abituarsi ad una condotta che in circostanze diverse sarebbe la sua rovina. In un villaggio isolato, in una casa isolata, dove Elfride passa la maggior parte del tempo sola, le occasioni per sollevare scandalo sono pochissime ma anche in un posto remoto come questo trovano la strada per seminare il germoglio di una catena di eventi che culmina con un sad ending. Elfride conosce il giovane Stephen, architetto di Londra ma originario del villaggio, che viene ospitato dal curato per fare degli schizzi della chiesa da ristrutturare. Elfride per la prima volta si trova di fronte un giovane di bell'aspetto, intelligente e di cultura, che arriva dalla città e il suo essere sofisticato e bellissimo apre la porta alla nascita di un sentimento romantico per entrambi. Dopo settimane di convivenza e di tempo passato insieme i due ragazzi decidono di dichiararsi ma Elfride si scontra con il voler del padre che non intende darla in sposa ad un ragazzo di umili origini. Stephen non si arrende e decide di buttarsi nel lavoro per dimostrare al curato di essere degno di Elfride, iniziando così un fidanzamento segreto con la ragazza. I due, in un momento di lucida disperazione, decidono di fuggire e sposarsi ma Elfride - che qui svela il suo vero carattere - tentenna fino all'ultimo momento quando decide di non poterlo fare. Stephen parte per l'India e nel frattempo Elfride rimane a casa, tenendo il segreto e rimuginando sulle sue azioni. In questo momento Elfride svela la sua personalità e cade il velo di innocenza che l'aveva dipinta come una specie di santa. E' con l'arrivo di Knight che Elfride sfoggia il suo peggio: si lascia affascinare da un uomo adulto e dalla sua mente, la personalità dominante di Knight - che all'inizio non la vede in modo romantico - ha un forte ascendente sulla ragazza che comincia a paragonare il nuovo ospite con il fidanzato più giovane e inesperto. Elfride si mette sulla strada di Knight fingendo di non civettare ma è quello che fa: ignora l'esistenza di Stephen e si decida a coltivare un rapporto con Knight che ci metterà un po' a farsi prendere. A quel punto inizia il declino della storia: Elfride non è che una ragazzina egoista, una gatta morta che in base alla sua convenienza asseconda o rifiuta i suoi innamorati, fingendo di non sapere cosa sta facendo e fingendo di non avere il controllo dei suoi pensieri, Stephen si ritira nell'ombra di fronte al palese tradimento della ragazza ma non si abbassa a rovinare il suo nuovo fidanzamento perché una forte amicizia lo lega a Knight, unica vera vittima di tutta la vicenda perché rimane all'oscuro fino all'ultimo e il tradimento per lui sarà un colpo durissimo da sopportare. Elfride, nonostante giochi all'innocente fino alla fine, non ottiene altro se non allontanare tutti con le sue bugie e mezze verità e quando si arriva al finale credo sia impossibile dispiacersi per lei.
Il sad ending è, secondo me, un sorta di ammonimento: occhio che a comportarsi così non c'è altra fine se non quella del topo, perché Elfride non è mai messa su un piedistallo da parte di Hardy che, invece, analizza in modo freddo e oggettivo le sue mancanze così come i suoi pregi. Purtroppo l'immagine dei personaggi femminili non ne esce bene, se non sono mogli e fattrici sono giovani seduttrici camuffate da angeli innocenti, la via di mezzo che Hardy sa trovare qua non c'è e sembra che sia voluto. I due protagonisti maschili sono troppo dimessi, al di là del discorsetto che Knight riserva a Elfride, rimangono legati a dei sentimenti ormai inquinati dalle bugie della ragazza e onestamente vederli ancora così attaccati a lei ha distrutto il poco rispetto che avevo per loro.
La mia delusione è legata al fatto che ho detestato tutti i personaggi e che ho trascinato la lettura solo per arrivare al punto in cui la gatta morta avrebbe perso ogni cosa. Ho deciso di cedere il romanzo, non ha senso rimanere attaccata ad un libro che non mi è piaciuto, anche se è di Hardy, perché ormai l'idea di collezionare tutti i suoi titoli mi ha abbandonata: lo spazio è poco, lo tengo per ciò che mi è piaciuto. 

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