Serie Mary Finch 1
Titolo originale The Blackstone Key
Trama
Oscar Mondadori pag. 397 | € 10,00 |
Era molto più facile confidarsi con le persone imperfette, a meno che non fossero così stolte da risultare inaffidabili.
Commento
Back in the day, quando Bookmoch era l'espressione massima dello scambio di libri, sono riuscita ad agganciare uno scambio di una serie completa, messa in lista soltanto perché il mio circuito bibliotecario non l'aveva. La serie in questione era quella di Mary Finch e l'avevo trovato spulciando svogliatamente il catalogo degli Oscar Emozione, sempre perché all'epoca era una collana che regalava grandi soddisfazioni. Quando mi è arrivata ho fatto - ancora una volta - l'errore di conservarla, convinta che sarebbe stata perfetta per dei tempi migliori.
Sono passati anni e ci è voluta una pandemia per farmi prendere in mano Il codice Blackstone, perché con il passare del tempo i tre libri si sono ritrovati infilati nel pertugio più oscuro del mobile, lontano dagli occhi e dal cuore. Bene, durante la solita tbr annuale mi sono imposta di provare a leggere almeno il primo libro, così che se non mi fosse piaciuto avrei potuto liberare spazio eliminando tutta la serie. Ammetto di essermi lasciata influenzare dai commenti poco gentili letti su Goodreads, che piazzavano il romanzo in quel limbo indefinito delle 3 stelline, che potrebbe voler dire qualsiasi cosa: che è piaciuto in modo blando a molti, che è piaciuto molto a pochi e molto poco a molti; ma la cosa più preoccupante erano le recensioni, spietate, brutali, che entravano nel dettaglio su quando noioso fosse il romanzo, quanto noiosa fosse la storia, e quanto tempo ci avessero messo a finirlo.
Ora, pure io ho piazzato il romanzo nel limbo delle tre stelline - pur dando una mezza stellina per affetto - ma mi trovo quasi completamente in disaccordo con i commenti negativi che questo romanzo ha ricevuto.
La mia obiezione più grande riguarda lo stile: a me è piaciuto tantissimo, l'ho trovato svelto, brillante, elegante senza essere pesante e sempre appropriato alla storia e al periodo storico narrato. Se non fosse stato per lo stile la storia si sarebbe arenata dopo venti pagine, invece non ho avuto nessun problema a portare a termine la lettura e devo pure dire di essermi divertita. L'autrice ha un senso dell'umorismo molto lieve, positivo, anche durante scene di azione o drammatiche ha sempre passato la manina per spruzzare qualche glitter rosa e alla fine la cosa non mi è dispiaciuta. Motivo? Per la protagonista.
Mary Finch è la protagonista ed essendo questo un romanzo ambientato a fine '700 è ovvio che ci saranno dei paletti nel delineare la sua personalità, eppure nei suoi confini Mary è adorabile: è giovanissima e, in genere, piuttosto inesperta ma mai spaurita, non cade mai nel tranello della giovinetta ingenua e tremula, lei ha verve, non si lascia cadere svenuta e non si scioglie in lacrime, semplicemente trova il lato razionale di ogni cosa e sfrutta il suo cervello per infilarsi in questioni più grandi di lei perché - con candore e sincerità - è affamata di avventura, tanto meglio se nel frattempo si scopre essere unica erede di uno zio ricchissimo. La sua storia è un po' prevedibile, ma non per questo noiosa: di famiglia di modeste ricchezze, i genitori ormai morti, Mary fa la maestra in un istituto ma lo detesta: odia il cibo, odia la rigidità mentale e culturale, detesta non poter vivere e soffre della sua indigenza perché sa che non può permettersi di mollare tutto. Quando le arriva la lettera da uno zio mai incontrato - molto ricco - che le chiede di andare a trovarlo, Mary molla tutto fregandosene del rischio di perdere il lavoro perché vede una remotissima possibilità che questo zio la voglia prendere sotto la sua ala. Durante il viaggio - un vero trauma turistico tra fango, carrozze gelate e taverne orribili, Mary incontra diverse persone che l'aiutano ma in particolare vive un'esperienza particolare: sulla strada incrociano un incidente, dove un uomo è caduto in un fosso e probabilmente rischia la vita ma il suo cocchiere non lo può lasciare per cercare un medico. Mary si offre di stare con l'uomo abbandonando il suo passaggio in carrozza, e per sua grande sorpresa scopre che il ferito possiede un orologio da taschino uguale al suo, e che l'uomo infila tra un momento di veglia e l'altro degli avvertimenti farfuglianti su ipotetici pericoli.
Questo è l'inizio dell'avventura di Mary: perché quell'uomo ha l'orologio di famiglia? Chi è? Cosa stava facendo, chi lo vuole uccidere? Mary rimugina per tutto il tempo su queste domande, persino durante la notte alla locanda dove l'uomo muore, ma tra una teoria e l'altra incontra il Capitano Holland, anche lui per strada per andare in visita ai parenti. Il Capitano diventa la spalla di Mary pur senza desiderarlo, lei lo rende partecipe delle sue teorie, lo usa come fonte di informazione, come confronto per capire se i suoi pensieri vanno nella giusta direzione, e tutto sommato lei si sente molto a suo agio con lui, forse perché il suo modo brusco di fare, la sua divisa sgualcita e la sua disponibilità lo rendono un alleato perfetto. Holland non può, in tutta onestà, lasciare che Mary se ne vada in giro da sola parlando di cospirazioni e omicidi così decide di accompagnarla dallo zio, soltanto per scoprire che l'uomo è morto e la casa abbandonata.
Non mi inoltro più di così nella trama, dico solo che entreranno in scena diversi personaggi, inclusi contrabbandieri, spie francesi e vecchie signore della buona società. Il ventaglio di personaggi è molto vario e interessante e il loro inserimento nella storia segue un preciso disegno, ognuno ha il suo ruolo e nessuno ruba spazio all'altro, ad un certo punto la palla del sospetto viene rimbalzata su personaggi insospettabili finché la matassa non viene dipanata e il mistero risolto.
Ammetto di aver avuto un debole per il Capitano, non solo perché è affascinante ed è il favorito di Mary, ma perché il suo ruolo è quello che più di tutti oscilla tra bene e male senza mai far capire al lettore la verità.
Per quanto riguarda la trama ammetto che ad un certo punto avrei gradito un briciolo di complessità maggiore, perché l'aspettativa di un grosso episodio non viene granché esaudita e nemmeno il finale rocambolesco con colpi di scena a destra e a manca riescono a risollevare il morale. Per questo ho dato un tre e mezzo, perché nonostante mi sia piaciuto abbastanza, nonostante la lettura sia filata via liscia come l'olio, ho comunque sentito il bisogno di qualcosa di più che non arriva mai: né dal punto di vista romantico - ma va anche bene -, né dal punto di vista della trama che rimane quasi sempre sulla superficie e non si addentra mai nel buio e nel cattivo.
Naturalmente è un romanzo che trova una collocazione perfetta nella collana Emozione, non è colpa sua se ho sentito il bisogno di un brivido più forte, ora però mi rimane il dubbio se cedere in blocco la serie a Matreh, che magari l'apprezzerà, o tenermi gli altri due romanzi per i prossimi momenti di crisi in cui un libro tappabuchi è sempre gradito. Dovrò meditare, tanto in quarantena ho tutto il tempo del mondo per farlo. Peace.
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