30 marzo 2020

Noriko Morishita
Ogni giorno è un buon giorno

Titolo originale 日 日 是 好 日 - 「お 茶」 が 教 え て く れ た 15 の し あ わ せ

Trama
Einaudi | pag. 248 | € 16,00
Prenditi il tuo tempo. Vivi il momento presente e non farti travolgere dalle distrazioni. Guarda il mondo intorno a te come se fosse la prima volta. Ascolta la natura, asseconda le stagioni. Obiettivi a cui tutti aspiriamo, certo, ma che non sappiamo mai come raggiungere. Non lo sapeva nemmeno Morishita Noriko quando, ventenne, cominciò a frequentare le lezioni della signora Takeda per eseguire la cerimonia del tè. Né sapeva che quelle prime lezioni erano l’inizio di un cammino che sarebbe durato tutta la vita. «Ci sono cose che puoi provarci quanto e come vuoi ma non le capisci finché non arriva il momento giusto. Però quando poi un giorno le capisci, dopo non puoi far finta di niente». La cerimonia del tè è uno dei riti tradizionali più affascinanti del Giappone. I monaci buddisti del sedicesimo secolo hanno codificato ogni passaggio di questo rituale che, attraverso i gesti più semplici, chiama i partecipanti a concentrarsi sulla profonda ricerca di se stessi. Con quella sua ritualità che immutata attraversa i secoli, la cerimonia del tè sembra qualcosa di molto lontano dalla vita di tutti i giorni. Lo sembrava anche a Morishita Noriko quando, studentessa svogliata e indecisa sulla strada da intraprendere, su consiglio della madre prese a frequentare un corso sulla cerimonia del tè. Non sa che quelle prime lezioni sono l’inizio di un viaggio che durerà tutta la vita. I momenti dedicati alla cerimonia del tè, ai suoi riti, alla meditazione che impone e, contemporaneamente, dischiude diventano momenti per trovare un senso alle prove che la vita mette davanti a Noriko: un matrimonio annullato poche settimane prima della cerimonia, il tentativo di conciliare il lavoro con il privato, un trasferimento oltreoceano… il caos della vita si riconcilia nel tempo concentrato di una tazza di tè.

Fintanto che si pensa al passato e al futuro, non si potrà mai vivere tranquilli. C'è un solo modo: godere del presente. Solo quando riesce a concentrarsi su questo istante, senza passato e senza futuro, l'essere umano si accorge di vivere una libertà senza limiti.
Commento
In queste settimane di difficoltà, tra quarantena, isolamento, immobilità e preoccupazioni, c'è una cosa che ho scoperto aiutarmi veramente tanto. Leggere. Well, duh, direte voi, invece è stata la vera sorpresa di questa pandemia. In realtà più che una sorpresa è una conferma ad un pensiero che ho sempre avuto ma che non ho mai potuto mettere alla prova: leggere è terapeutico e mai come in questi giorni sto sfruttando tutta la positività che deriva dal mettersi tranquilli sul divano, isolarsi dal mondo esterno e passare qualche ora in un posto dove non muoiono centinaia di persone al giorno per un maledetto virus.
Ovviamente c'è anche un aspetto positivo legato al far fuori - letteralmente - quei libri che avevo fermi in tbr da anni e che non mi sono mai decisa a prendere in mano, oppure quei romanzi presi per impulso e tenuti lì a occupare spazio. Uno di questi è Ogni giorno è un buon giorno, preso durante le ultime settimane di pace in un negozio che ancora non risentiva della paura del virus. L'ho preso perché mi ispirava, perché sembrava quel tipo di romanzo che si legge per staccare la testa e che non è così voluminoso da essere inevitabilmente noioso. 
La dimostrazione di tutte queste teorie è che l'ho iniziato la mattina della domenica, e l'ho finito nel pomeriggio, e che dopo avevo la mente libera e niente ansia strisciante a rovinarmi qualsiasi cosa stessi facendo. Ogni giorno è un buon giorno è un romanzo positivo senza essere irreale, è un dignitoso spaccato di vita dell'autrice, una raccolta di anni e anni di pensieri e di esperienze che si sono concentrate con una semplicità ed una essenzialità tipicamente orientali in un libricino piccolo, adorabile e, in questo momento, utile.
Piccolo perché l'edizione italiana di Einaudi è piccina, un tascabile cartonato che si infila ovunque e che si tiene aperto con una mano sola; adorabile perché la copertina, la rilegatura precisa e morbida, le foto, le note a margine e tutto quello che c'è nel mezzo lo rendono un oggetto-coccola che suscita solo pensieri positivi; e infine utile perché, nonostante non abbia una trama chissà che complicata, riesce a far passare dei messaggi fin troppo attuali e fin troppo utili in questo periodo della nostra vita. Senza neanche farlo a posta, alcuni brani del romanzo sono una specie di terapia che si può applicare sia alla vita ordinaria, senza pandemie, sia a quelle che hanno un sacco di brutti ostacoli da superare. La sua utilità, oltre che nell'essere inconsapevolmente terapeutico e zen, è anche nel tema trattato, completamente alieno alla nostra cultura e per questo affascinante e curioso da esplorare.
Forse è arrivato il momento di parlare del romanzo.
L'autrice copre un arco temporale della sua vita molto lungo, dalla giovinezza all'età matura, seguendo la sua esperienza di studentessa del rito del tè giapponese. Iniziato come un'attività per riempire i suoi pomeriggi vuoti, senza nemmeno tanto entusiasmo, il rito ha lentamente occupato uno spazio fisso nella sua vita, rimanendo una costante in una realtà dove la corsa al lavoro fisso, al matrimonio e alla realizzazione della persona in una società consumistica offuscano l'importanza delle piccole cose. Usando come spunto le sue esperienze personali affiancate alla ritualità del tè, l'autrice tira fuori dei pensieri che sono universali, asessuati, immortali e che ogni essere umano può avere nel corso della sua vita. 
Sopra ogni cosa spiccano la pazienza e la capacità di accettare le cose senza chiedersi continuamente i perché, senza ricercare un motivo dietro ad una scelta o a un movimento. E nel vuoto che si crea durante la routine del rito del tè emerge una connessione con la propria mente, con la natura che ci circonda, con le persone e con gli oggetti che ci circondano. Per l'autrice il rito è difficile da comprendere e quasi impossibile da imparare perché si chiede continuamente perché mentre in realtà dovrebbe imparare con il corpo e non con la mente. Ogni singolo elemento del rito, ogni movimento, i cambiamenti degli oggetti e della disposizione legato alle stagioni sono una serie infinita di incognite che spiazzano il lettore, si fa fatica a ricordare i nomi e ad associarli ad un oggetto reale, e quando finalmente ci riesci ecco che cambiano. La frustrazione dell'autrice in seguito al suo sentirsi inadeguata, incapace, fallita nel rito del tè è solo la proiezione delle sue frustrazioni personali, e una volta che l'effetto del rituale entra nella sua mente applicare quella stessa pace e quell'equilibrio alla sua vita è il naturale passo successivo.
La cosa bella di questo romanzo è che, nonostante racconti di un rituale a noi alieno, i suoi effetti sono comprensibili a tutti, persino a chi legge questa storia non aspettandosi nessuna lezione di vita.
Oltre a questa finalità terapeutica, ovviamente, nel romanzo c'è tutto il fascino per il rito del tè e per la sua elaborata complessità che emerge elegantemente all'improvviso tra un dialogo e una descrizione. Non c'è abbellimento utile, non c'è bisogno di uno stile elaborato, o di aggettivi ricercati, basta la semplicità e per far arrivare al lettore la bellezza di questa esperienza.
Tra noi allieve sfuggirono dei sospiri. A seguire le mani della maestra, per qualche motivo, nel nostro intimo ci eravamo rilassate.Pareva di sentire musica con gli occhi.Eppure la maestra versava solo l'acqua sul tè e lo mescolava in modo del tutto naturale, come se niente fosse.
Questo è solo un piccolo esempio di come la narrazione, semplice e senza fronzoli, arrivi non solo agli occhi del lettore ma coinvolga anche altri sensi, per regalare un'esperienza quanto più vicina a quella vissuta dall'autrice. Ci vuole veramente poco, ma si capisce che sono tutte vere, che non c'è finzione e ci si può fidare dell'autrice e di quello che scrive.
Infine chiudo lasciando alcune citazioni che non penso abbiano bisogno di contesto e che ora come ora mi sembrano molto vere, molto attuali e a volte persino cattive.
Per noi esseri umani, arriva sempre un giorno a partire dal quale incontrarsi 'di nuovo' non è più possibile...

La gente dà valore solo all'ottimismo e all'allegria. Ma l'allegria non esisterebbe se non esistesse il suo opposto. Proprio dall'esistenza di entrambe queste dimensioni nasce la profondità. Non sono una bella e una brutta: sono ognuna bella a modo suo. L'essere umano ha bisogno di entrambe.

Rimpiangiamo in continuazione il passato e ci preoccupiamo del futuro che ancora deve arrivare. Eppure, ci si può preoccupare quanto si vuole, ma comunque non si potrà mai tornare ai giorni passati, né anticipare il futuro per farci trovare pronti. Fintanto che si pensa al passato e al futuro, non si potrà mai vivere tranquilli. C'è un solo modo: godere del presente. Solo quando riesce a concentrarsi su questo istante, senza passato e senza futuro, l'essere umano si accorge di vivere una libertà senza limiti.

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