Serie Roma Caput Mundi 4
Trama
Amazon Publishing pag. 510 | € 9,99 |
Roma, 50 d.C. Massimo Valerio Messalla è nobile di nascita, colto per educazione e guerriero per scelta, ma la sua libertà sta per finire: il padre gli impone di sposarsi, per garantire una discendenza alla stirpe dei Valeri. Ottavia Lenate è una giovane inquieta e curiosa, appassionata di scienza e astronomia, che desidera la conoscenza, non un marito, specie non uno ruvido e affascinante come Messalla, l’uomo a cui scopre di essere destinata. Massimo e Ottavia si trovano così forzati in un’unione decisa da altri, finché il Fato non li porterà ad Alessandria d’Egitto. In quella terra arida, sterile come l’anima di Messalla e ricca di tesori nascosti come lo spirito di Ottavia, una terribile minaccia in arrivo dal passato metterà a rischio tutto ciò che Massimo, il Leone di Roma, ama e vuole proteggere.
Era stato la sua persecuzione, il suo salvatore, l'uomo destinato a diventare il compagno di vita. Il padre dei suoi figli. E adesso non era più niente.
Commento
Mi ricordo ancora quando Adele uscì con il primo romanzo della serie, ricordo l'entusiasmo e ricordo anche che mi era piaciuto da impazzire. Ok, era il mio periodo romance hard core, praticamente leggevo solo quello, ma anche se con gli anni ho ridimensionato drasticamente i romanzi d'amore letti in un anno non ho mai eliminato dalla mia libreria le copie di Adele, e sì che mi sono liberata di tantissimi libri, quindi qualcosa vorrà pur dire.
Il romanzo in questione mi è stato regalato da Adele durante un bel pranzo in centro a Milano, quando abbiamo riallacciato i fili di rapporti che si sono un po' persi per strada e la facilità con la quale siamo rientrate in sintonia mi ha lusingata davvero tanto. Ho tenuto il libro da parte perché non volevo rischiare di piegarmi alla costrizione del leggere e recensire subito, ormai quel ritmo e quello schema non mi appartengono più, e ora che sono qua a scrivere la recensione so di aver fatto bene.
La motivazione principale, che ho capito a posteriori, è che un romanzo - d'amore o meno - con una quantità tale di pagine e una presenza così massiccia di storia deve ricevere la giusta attenzione. Se avessi letto Il leone di Roma in tutta fretta non me lo sarei goduto, sarei passata sopra a tanti dettagli come un rullo compressore e non mi sarebbe rimasto in testa così come mi è successo adesso. Prenderlo con i suoi tempi, letto con calma e con la giusta attenzione è l'unico modo per godersi davvero questa storia.
Messalla è sempre stato uno di quei personaggi secondari troppo imponenti per starsene buoni in secondo piano, nei romanzi precedenti l'autrice ha saputo contenerlo solo perché Rufo era ancora più intenso di lui e aveva la priorità su tutto e tutti, essendo il protagonista. Una volta arrivato il suo turno, però, è come se Messalla avesse scalato la marcia e raffreddato i motori, si è ritirato nelle sue stanze e ci ha lasciate tutte fuori al gelo pronte ad elemosinare un briciolo di calore.
Quello che mi aspettavo da lui, non l'ho avuto. Il Messalla che pensavo di leggere nella sua storia non si vede da nessuna parte perché, al posto del giovane irrequieto, spericolato, selvatico, c'è un uomo che ha modellato la sua personalità a colpi di vita, una versione più dura, distaccata e razionale di sé, un uomo praticamente irraggiungibile sia per fama che per personalità. Se prima Messalla mi piaceva, in questo libro l'ho adorato proprio perché ho un debole per i protagonisti freddi e distanti, quelli che fanno penare la protagonista e che quando cedono - se cedono - regalano un'overdose di soddisfazione.
Messalla è un eroe di Roma. Spedito ad Alessandria per domare i bollenti spiriti, rimane per anni nella città e sviluppa verso di essa un amore particolare: non è Roma, non è casa, ma è dove è diventato libero, è dove è diventato l'uomo che è e non tornerebbe indietro per nulla al mondo. Solo i suoi doveri di figlio e di soldato di Roma lo riportano a casa, dove il padre lo pressa affinché si sposi e assicuri un erede alla sua famiglia. Messalla non è molto d'accordo sulla questione matrimonio e cerca di prendere la questione da un punto di vista logico per dare al padre un rifiuto che non potrà contestare. Le cose non vanno proprio come vuole e Massimo si ritrova a dover accettare un matrimonio con una ragazzina, una donna acerba che non lo attrae granché ma che trova almeno molto intelligente.
La ragazzina in questione è Ottavia ed è sì giovane e intelligente, ma è anche un esemplare rarissimo di donna che vuole emanciparsi, un esemplare raro per l'epoca. Anche a lei l'idea di matrimonio non attira, tanto più che passerebbe dal controllo del padre a quello del marito, ma il suo vero problema è che da sposata sarà costretta ad abbandonare le sue passioni, già segretamente e duramente conquistate sotto l'autorità del padre. Ottavia è una studiosa, ha una mente scientifica, è attratta dalla cultura e ne è ingorda, se fosse per lei leggerebbe tutto e imparerebbe tutto, ma ovviamente deve accontentarsi dei trattati sui quali riesce a mettere le mani, e sulle materie che riesce a studiare senza destare sospetti.
Massimo e Ottavia sono molto diversi, ma le loro strade continuano ad incrociarsi e a spingerli uno verso l'altra. Prima Massimo compra un trattato che era stato ordinato da Ottavia, dipingendolo così come un arrogante maleducato, e poi si incontrano ancora una volta quando Ottavia è in pericolo di vita e Massimo la salva. Massimo è incuriosito da Ottavia, ma è lei a cedere quasi subito all'attrazione. Come biasimarla, Massimo è bello, intelligente, eroico e non la tratta come se fosse una sciocca, l'ascolta e non la giudica. Per la giovane l'infatuazione è inevitabile, ma per Massimo è tutta un'altra storia. Fermo ancora al ricordo della sua giovane innamorata, Massimo non ha nessuna intenzione di lasciarsi andare all'amore, non ne sente il bisogno ed è contento così com'è. Eppure quando si rende conto che il matrimonio ci sarà e la sposa sarà Ottavia, capisce che cedere alle richieste del padre non sarà poi così dura. Le prime settimane da sposati sono un po' traballanti, lui si tiene a rispettosa distanza e Ottavia non capisce come muoversi attorno al marito, una volta consumato il matrimonio è come se a dividerli ci fosse un oceano. Poi Massimo parte per Alessandria e inevitabilmente i due rimangono separati per un lungo periodo: lui si concentra sullo scovare e sconfiggere il suo nemico giurato e un po' si dimentica di Ottavia, mentre lei rimane a Roma a prendersi cura del genero e a nutrire un sentimento che sa non essere ricambiato.
Il periodo di separazione, ovviamente, suscita nel mio cuoricino una sofferenza meravigliosa: i sentimenti non ricambiati, la solitudine di Ottavia e il suo struggimento per un uomo che è suo marito ma al tempo stesso un estraneo sono un dolore sottile abilmente modulato in modo da dare il massimo della pena con il minor spargimento di sangue possibile. Quando Ottavia parte per Alessandria non sa cosa e chi troverà: se Massimo sarà contento di vederla, se la rispedirà dritta a Roma, se lo troverà circondato da amanti, o se magari non lo troverà affatto. Invece Massimo è più che presente: è all'erta, è attento e non può fare a meno di studiare la donna che ha di fronte. Ottavia non è più una ragazzina, ora si avvicina molto di più al suo ideale di donna ma, soprattutto, scopre che con lei può parlare sul serio, che hanno interessi in comune e che se si parlano riescono ad andare d'accordo e a superare la freddezza che aveva caratterizzato il loro matrimonio.
A questo punto la temperatura sale, nel senso che Massimo smette di scalare marce e parte a tavoletta, si concentra su Ottavia e decide che controllarsi è bene ma a volte non controllarsi è meglio e lo struggimento, l'angst e i patemi ormonali raggiungono un nuovo livello, con tanto di sublime ansia da finale che porca miseria ti fa stropicciare il libro perché se non se la cavano ti parte il neurone.
Beh, non so se si è capito, ma Il leone di Roma mi è piaciuto tanto. Al di là del fatto che ho ritrovato dei personaggi che già conoscevo e che qui si sono confermati essere veramente interessanti, ho conosciuto Ottavia, che è adorabile, intelligente, coraggiosa, e soprattutto ho visto germogliare l'abbozzo della storia di Raganhar e di Giulia (o almeno credo, non è mica detto). In più ho riscoperto il piacere di leggere un romance storico serio, corposo, che non si gioca tutto sulle solite scene di rotolamenti di letto ma che sfrutta al massimo l'attrazione di menti prima che di corpi. L'autrice, del resto, ha uno stile molto adulto, calcolato e in oltre 500 pagine si può permettere di sviscerare la narrazione in modo che ogni gesto e ogni decisione dei personaggi siano comprensibili e chiari al lettore. Di sicuro non è uno stile fast-food, ci vogliono un minimo di attenzione e di interesse per i dettagli legati al periodo storico, tanto per fare un esempio i termini per indicare l'abbigliamento o gli insulti che non fanno parte del parlato attuale sono dei piccoli dossi ai quali ci si deve abituare, frenano un pochino lo slancio della lettura ma arricchiscono la narrazione e rafforzano la sensazione di essere immersi in quel periodo storico. Se Il leone di Roma è il vostro primo romanzo di Adele, spendete qualche ora in più nella lettura e favorite una lettura più lenta, poi una volta preso il ritmo si divora in un attimo.
Ho da poco scoperto che ai primi di Gennaio uscirà un altro titolo della serie e naturalmente sono già con il ditino pronto su compra con 1click.
Nessun commento:
Posta un commento