Serie Pushing the Limits 5
Titolo originale Chasing Impossible
Trama
De Agostini pag. 418 | € 14,90 |
Per Abby e Logan la vita è una partita, e a entrambi piace giocare. Spesso con il fuoco. Ribelle e indipendente, Abby lascia entrare solo pochissime persone nella sua cerchia. Non si fida di nessuno. E non è disposta a cedere all’amore. Mai. Perché quello che fa per racimolare spiccioli è un lavoro troppo pericoloso. Un lavoro di cui non va fiera, ma che – per via di suo padre e del doloroso segreto che entrambi custodiscono – non può abbandonare. A Logan però non importa di quel che fa Abby per vivere; i suoi occhi sono solo per lei. Logan è bello, atletico, arrogante e imprevedibile. Ma è anche il ragazzo più gentile e leale che Abby conosca. Farebbe qualsiasi cosa per essere più di un amico per lei… Eppure, più i due si avvicinano, più il muro di segreti che li separa sembra farsi invalicabile. Ed è proprio quando la posta in gioco si alza che Abby e Logan dovranno decidere quale mossa fare per vincere la partita più importante di tutte. Quella per il loro amore.
I don’t know what love is very well either, but I hope it feels like this.
Commento
Sto per avere un mancamento, anche se sono seduta. Portate i sali, portate qualcosa che mi faccia riprendere dal trauma perché nemmeno un croissant di Bastianello ha saputo farmi tornare dal baratro della disperazione.
E' la prima volta da che leggo la McGarry che le ho dato un voto così misero. E' la prima volta, e onestamente non riesco ancora a capire se il problema sono io, o se effettivamente il romanzo non è in linea con gli altri della serie.
La prima possibilità è che mi sia definitivamente allontanata dal genere YA, e che ora faccia fatica a farmi coinvolgere da uno stile, da delle storie e da dei personaggi che non rispecchiano più i miei gusti letterari. A me è sempre piaciuto il genere YA e non ho mai avuto nessuna difficoltà con le storie della McGarry, ma è anche vero che è ormai da più di un anno che non leggevo romance YA e che probabilmente il mio cervello si è ripulito poco alla volta dall'assuefazione che mi avevano dato. Non dico che d'ora in poi non leggerò più YA o che non leggerò mai più la McGarry, dico solo che invece di comprare i suoi romanzi a scatola chiusa controllerò la trama e poi deciderò.
La seconda possibilità è che questo ultimo romanzo della serie sia effettivamente il meno riuscito, quello che ha fatto il passo più lungo della gamba, quello che ricalca la struttura dei suoi senior per poi cadere nel tranello del too much. Oppure la media di voti su Goodreads è giusta e io sono diventata vecchia e inacidita.
Il problema insormontabile che ho avuto con questo romanzo è stata la protagonista principale e tutto il mondo che l'autrice le ha creato addosso. Sono consapevole di preferire da sempre che la part bad, really bad, di uno YA cada solo sul personaggio maschile, è uno stereotipo che mi piace e che accetto senza problemi; mentre le protagoniste femminili mi sta bene che siano delle focaccine - lo preferisco - o al massimo le classiche problematiche ma che non toccano certi estremi.
Detto questo posso confessare di aver detestato Abby dalla prima all'ultima pagina. Oltre a non essere bendisposta nei confronti di personaggi criminali, il fatto che lei sia una spacciatrice e che abbia un carattere - detto terra terra - di merda me l'ha resa immediatamente antipatica. Sì, sì l'autrice le affibbia delle attenuanti ma, secondo il mio punto di vista, mancano di logica e risultano talmente assurde e forzate da andare a rafforzare il fastidio suscitato dal personaggio.
Abby spaccia erba, ok. Abby ha la nonna malata di Alzheimer, ok. Abby è figlia di questo super spacciatore famosissimo di nome Mozart, ok. Abby eredita la fama del padre e parte del suo territorio, ok. Abby odia la sua vita, e ci mancherebbe. Abby è convinta che spacciare sia l'unica opzione per mantenere la nonna malata e non finire in affido, se lo dice lei. Abby è convinta di essere parte di un sistema criminale e di avere un ruolo così importante che ogni persona che ha a che fare con lei rischia la morte, sempre. Io capisco la necessità di trovare l'espediente narrativo per isolare la protagonista in una bolla di angst, ma ci vuole un briciolo di credibilità. Al di là del fatto che io rifuggo qualsiasi trama legata alla droga, di qualunque genere sia, se pure la protagonista gioca a fare il gangster e ha l'attitude stile sono una dura, sono una solitaria, non ho bisogno di nessuno, non provo sentimenti, allora io non ce la posso fare. Proprio no.
Abby non mi è piaciuta, non ho provato pena per lei ma soprattutto non sono riuscita a superare la sua personalità che ho trovato inutilmente chiusa e facile alla rispostaccia. Il contesto nella quale è inserita sarebbe pure quello giusto, ma non aiuta di certo a farmela piacere; del resto no più no fa sempre no.
L'unico elemento che ho veramente gradito è stato Logan. Non tanto perché è il classico bellone americano, bruno muscoloso e atletico, ma perché ha portato su pagina una patologia che lo pone tra i pochi eroi che, pur essendo malati, non sono vittime della loro patologia. Logan ha il diabete di tipo 1 e, come si può immaginare, la malattia occupa gran parte della sua vita non solo in termini di possibilità ma anche in termini di identità: non avendo le stesse scelte dei suoi coetanei, Logan ha sviluppato una sorta di valvola di sfogo ricercando attività o esperienze che gli dessero una scarica di adrenalina e che lo facessero sentire normale, se non addirittura più vivo delle persone sane. Convinto di dover nascondere il diabete per non essere trattato da malato, Logan si guadagna presto la nomea del ragazzo fuori di testa, quello che accetta ogni sfida e non si tira indietro da nulla, non importa quanto folle sia. Dal punto di vista umano, la sua lotta ad accettare il diabete e tutto quello che comporta è intensa e credibile, la profondità del personaggio guadagna solo in complessità - proprio l'opposto di Abby. Quindi, per quanto Logan sia un personaggio complesso e folle, bilancia alla perfezione l'assenza di queste qualità in Abby. Anche se è lei che dovrebbe essere più adulta, più razionale e matura, è Logan a reagire nel modo giusto e a rimettere le cose nella giusta prospettiva, è lui che martella continuamente con il si può trovare un'altra soluzione, riflettendo al 100% il mio pensiero: tutta la situazione di Abby è assurda, sciocca e ci vuole un Logan a raddrizzare le cose, specialmente la visione di Abby.
La storia è abbastanza prevedibile, ragazzo malato ma molto atletico e attraente con una vena di follia diventa amico di un gruppo di ragazzi problematici. Da questo gruppo entra e esce Abby, e i due subito cominciano a provare attrazione l'uno per l'altra. Motivo di crisi tra lei e Logan, e tutto il gruppo in realtà, è la vita di Abby, e tra vari tira e molla e pure sparatorie, i due finalmente troveranno il modo per stare assieme nella legalità e in una versione personalizzata di normalità. La trama non mi ha fatta impazzire per il semplice fatto che ruota per la maggior parte attorno alla questione della droga, ci sono alcune scene che mi sono piaciute, altre di meno, ma in generale ho trovato il romanzo molto calcato, quasi troppo, e in un certo senso mi ha fatto l'effetto opposto: invece di dare il senso o il brivido del pericolo a me è sembrato una caricatura di una trama più seria e adulta che applicata ad un target adolescenziale è grottesca, esagerata, assurda. Non ha giovato l'uso di un lessico volgare, con i vari fucked/fucking/damned/damn dei quale avrei fatto volentieri a meno.
Per quanto riguarda lo stile, è l'unica cosa che mi ha fatta arrivare alla fine quando il mio istinto diceva di droppare. Conoscendo l'autrice ho voluto fare uno sforzo extra e vedere se il fastidio fosse solo passeggero ed effettivamente un po' ha perso intensità, cosa che ha agevolato la lettura.
In sostanza per me questo romanzo è stato una delusione che non mi aspettavo e per la quale non ero pronta, d'ora in poi sarò più guardinga con la McGarry e i suoi romanzi, anche se mi si spezza il cuore al pensiero.
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