26 ottobre 2017

Alessia Gazzola
Un po' di follia in primavera

Serie Alice Allevi 5

Trama
Longanesi
pag. 304 | € 16,90
Quella di Ruggero D’Armento non è una morte qualunque. Perché non capita tutti i giorni che un uomo venga ritrovato assassinato con un’arma del delitto particolarmente insolita. E anche perché Ruggero D’Armento non è un uomo qualunque. Psichiatra molto in vista, studioso e luminare dalla fulgida carriera accademica, personalità carismatica e affascinante…
Alice Allevi se lo ricorda bene, dagli anni di studio e dai seminari che ha frequentato con grande interesse, catturata dal magnetismo di quell’uomo all’apparenza rude ma in realtà capace di conquistare tutti con la sua competenza e intelligenza. E con le sue parole. L’indagine su questo omicidio è impervia, per Alice, ma per fortuna non lo è più la sua vita sentimentale. Ebbene sì, Alice ha fatto una scelta…Ma sarà quella giusta?
"Tanto per cominciare, come dice la parola stessa, gli psichiatri curano la psiche, non l'anima. Ma sono sottigliezze oltre la tua portata, me ne rendo conto. E comunque, non è esatto, io credo nell'anima. Ma in quella altrui, non certo nella mia." E' compiaciuto, come sempre quando si allude all'enormità della sua perfidia.
Commento
***spoiler***
Questo commento sarà all'insegna del mai una gioia potentissima e dello spoiler violento e selvaggio, perché sento il bisogno fisiologico di spurgare il veleno accumulato nel corso della serie, e perché in questo romanzo la quantità di cose che non mi sono piaciute superano abbondantemente quelle che mi sono piaciute.
Ma, anche in uno stream of consciousness di acidità pura, servono ordine ed equilibrio.
Nel romanzo precedente che, per altro, ho eliminato in gran parte dalla mia memoria - e ora ricordo pure perché - la trama della serie aveva raggiunto una sorta di maturità sia nei personaggi che nel tipo di storia raccontata, anche se l'elemento romantico era ancora volutamente ingarbugliato e in bilico sul classico schema del triangolo. L'indagine, però, era diventata la componente più stimolante e meglio riuscita, lasciando sempre più in disparte la realtà dell'Istituto a favore di una nuova intraprendenza da parte di Alice verso i misteri e i problemi causati dalla natura umana.
Ero diventata stranamente tollerante riguardo all'altalenarsi amoroso di Alice, avevo imparato a sopportare stoicamente le entrate e le uscite di Arthur perché ci pensava una dose massiccia di cinismo made in CC a riequilibrare le cose, e perché in fin dei conti l'adorazione di Alice era distribuita in parti uguali.
Un po' di follia in primavera attacca brutale dove aveva chiuso il romanzo precedente, ovvero ad un punto che avrei preferito evitare. E qui cominciano gli spoiler.
Arthur è tornato. Porcammerda, direte voi, eccerto rispondo io. Da buon egoista qual'è, ha deciso che la sua vita di vagabondo dedito al giornalismo e all'idealismo può essere unita ad una vita più stabile con Alice, e che - tanto che c'è - avrebbe ottenuto il meglio di entrambe le cose. Così Arthur mantiene il suo lavoro - anche se con una piccola modifica - e si riprende pure Alice, intortandola per bene come solo lui sa fare.
Che io abbia nutrito un fastidio profondo per il personaggio di Arthur from day one era risaputo, ma in questo romanzo sono arrivata a detestarlo apertamente. Un tale stronzone egoista in una serie così divertente e frivola non poteva che rovinare tutto, e con tutto intendo proprio tutto.
In primis ha rovinato Alice, perché continuando a riprendersi un uomo che fondamentalmente non la rispetta e la mette sempre in secondo piano, dimostra di essere vulnerabile a livelli patologici e di non saper veder al di là dell'immagine romantica di una storia d'amore che è bruciata intensa e si è esaurita altrettanto in fretta. I loro tira e molla hanno perso logica, hanno perso emozione, e soprattutto non hanno più ragione d'essere perché il modus operandi di Arthur è sempre lo stesso: tutto ruota attorno a lui, al suo lavoro e a cioè che vuole, se al momento gli è venuto lo sghiribizzo di mettere su famiglia è quello che succederà. Alice si lascia travolgere da questo sogno romantico, convinta che Arthur abbia trovato un equilibrio e che finalmente sia la volta buona, tanto più che lui le chiede di sposarlo e di farci pure un figlio. L'idillio è, insomma, falso come Giuda perché dura pochi mesi, dopodiché ecco che Arthur cambia ancora idea ma, questa volta, arriva la batosta e la carognata dell'altra donna.
Insomma, a questo punto spero proprio che la Gazzola ce lo abbia tolto definitivamente di torno perché io non lo sopporto più. Il libro inizia con loro due a letto in versione coppietta felice e già mi è partito il nervoso, poi prosegue su questo struggimento masochista che è una ripetizione con una lieve variazione del modello iniziale e poi si chiude - spero per sempre - con la dimostrazione che Arthur è un uomo di merda.
Avrei anche potuto sopportare Arthur se solo Claudio fosse stato presente come negli altri romanzi, e non solo come scusa perché Alice abbia i dubbi: amo Arthur ci sposeremo, epperò Claudio è un gran figo e non so se lo odio o se amo pure lui epperò lui non si vuole sposare e quindi mi tengo Arthur. Claudio viene usato perché Alice deve essere insicura, deve chiedersi se non prova più niente per lui, e perché deve avere ancora un collegamento con l'Istituto e alla sua vita da allieva stile cordone ombelicale. Fino alla fine CC entra ed esce come una cometa, illumina fortissimo il momento e poi torna nell'ombra quasi dimenticato. CC è sprecatissimo ma è anche l'unico guizzo di vita, l'unica fonte di vere palpitazioni perché come riesce a scuotere tutto lui nessuno.
"Adesso trova il coraggio di dirmi in faccia che eri gelosa fino a sentire il cuore che ti sanguinava. Ammettilo, e ti lascerò stare."
"E se anche io lo ammettessi, mi dici cosa cambia?"
"Niente. E' ovvio che non cambia niente. Perché nonostante ti sia perfettamente chiaro che tra noi c'è un bel conto in sospeso - e forse proprio per questo ti rifiuti di parlarne - tu sposerai il giovane Malcomess e lo seguirai nella sua vita errabonda all'insegna di un romanticismo da vomito. Te ne andrai da questo Istituto e così io e te non saremo più costretti a lavorare insieme. Non dovrò più scusarmi con la Forestale perché butti per terra una cicca durante un sopralluogo e non dovrò più vigilare se tieni a freno la lingua. E tutto questo sarà immensamente triste, ma me ne dovrò fare una ragione." 
Ditemi voi. C'è più passione in questa citazione che in tutte le apparizioni di Arthur nei cinque romanzi. A cosa serve quando c'è lui? A cosa?
Accettiamo che a questo giro CC sia solo un'ombra nella quotidianità di Alice, accettiamo che abbia la precedenza assoluta la risoluzione narrativa della storia con Arthur, accettiamo e speriamo che questa sia la rottura definitiva, e che Alice abbia chiuso un capitolo della sua vita e sia pronta al prossimo.
Verso la fine del romanzo gira spesso la questione della fine di un'epoca, della fine della sua vita da allieva e della malinconia del non avere più un punto fermo e la paura di non sapere cosa succederà nella sua vita. Mi sta bene che la fine si avvicini, lo accetto e lo desidero pure, però lo devi fare sul serio non devi solo stuzzicare e poi lasciarci a bocca asciutta. Ci vuole un cambio di rotta quantomeno nella sua visione di vita.
L'unica apertura finale è quella di un'ipotetica nuova avventura sempre all'Istituto che sembra eccitare Alice, Claudio e pure me in maniera assurda.
"Studia come se non ci fosse un domani per quel dottorato. Non mi interessa se sposerai Malcomess, se dovrò guardarti e non potrò toccarti. Io voglio che tu ritorni.
E su questa citazione, passo alla storia del romanzo.
Aimé, come tutto il resto, persino il caso dell'indagine mi è sembrato moscio. L'argomento era più che intrigante - psichiatria, malattie mentali, terapie cure e teorie - eppure tutto si è risolto seguendo il solito cliché dei sentimenti, della fragilità umana eccetera, mentre l'idillio iniziale sulle vere malattie mentali sfuma velocemente senza lasciare una vera traccia. Non che mi aspettassi un thriller psicologico, però che mantenesse la linea iniziale sì. Forse non è questo il suo punto di forza, ma allora sarebbe meglio addentrarsi di più nel caso, nell'indagine, e coinvolgere ad esempio Calligaris come nei romanzi precedenti.
Insomma, se non si fosse capito, questo romanzo mi ha delusa e non ha saputo regalarmi la stessa esperienza dei libri precedenti. Il brio, la brillantezza dei dialoghi, la delicatezza dello stile della Gazzola sono sempre gli stessi, ma la qualità dell'esperienza della lettura è impietosamente offuscata dall'odio viscerale verso Arthur e dalla scarsa incisività della trama.
Poi che si legga in un soffio e che in quei momenti abbia vissuto per le apparizioni di CC non lo nego, così come non nego che atterrerò su Arabesque come un falco a digiuno da una settimana. Perché a questo punto la speranza di una svolta è fortissima e io continuo a sperare che prima o poi Alice rivolti CC come un calzino e che la Gazzola si scateni in descrizioni al limite del porno (cit. amica Mara). Io mi accontento che la Gazzola ci descriva nei minimi particolari quando questi due si baciano. Solo questo chiedo, dettagli.

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