1 marzo 2023

Satoshi Yagisawa
I miei giorni alla libreria Morisaki

Titolo originale 森崎書店の日々 [Morisaki shoten no hibi]

Trama
Feltrinelli | pag. 149 | € 16,00
Jinbōchō, Tōkyō: il quartiere delle librerie, paradiso dei lettori. Benché si trovi a pochi passi dalla metropolitana e dai grandi palazzi moderni, è un angolo tranquillo, un po’ fuori dal tempo, con file di vetrine stipate di volumi, nuovi e di seconda mano. Non tutti lo conoscono, i più vengono attratti dalle mille luci di Shibuya o dal lusso di Ginza, e neppure Takako – venticinquenne dalla vita piuttosto incolore – lo frequenta, anche se proprio a Jinbōchō si trova la libreria Morisaki, che appartiene alla sua famiglia da tre generazioni: un negozio di appena otto tatami in un vecchio edificio di legno, con una stanza adibita a magazzino al piano superiore. È il regno dello zio Satoru, che ai libri e alla Morisaki ha dedicato la vita, soprattutto da quando la moglie lo ha lasciato.
Entusiasta e un po’ squinternato, Satoru è l’opposto di Takako, che non esce di casa da quando l’uomo di cui era innamorata le ha annunciato che sposerà un’altra. Ed è proprio lui, l’eccentrico zio, a lanciarle un’imprevista ancora di salvezza proponendole di trasferirsi al piano di sopra della libreria in cambio di qualche ora di lavoro. Takako non è certo una gran lettrice ma, quasi suo malgrado, si lascia sorprendere e conquistare dal piccolo mondo di Jinbōchō. Tra discussioni sempre più appassionate sulla letteratura moderna giapponese, un incontro in un caffè con uno sconosciuto ossessionato da un misterioso romanzo e rivelazioni sulla storia d’amore di Satoru, scoprirà pian piano un modo di comunicare e di relazionarsi che parte dai libri per arrivare al cuore. Un modo di vivere più intimo e autentico, senza paura del confronto e di lasciarsi andare.
Le circostanze inattese ci aprono porte che neanche immaginavamo.

Commento
Io sono una persona che si sa misurare, anche se vado in libreria e vedo un romanzo che mi ispira e poi lo rivedo ancora, e lo rivedo online e la gente me ne parla, ho sempre l'angioletto taccagno che mi dice e se poi non ti piace? Non hai spazio in casa...e io non compro. Non faccio girare l'economia, so sue me, però devo dire che al 80% delle volte se resisto così è perché lo so, dentro nel mio intimo lo sento che non andrò d'accordo con quel romanzo.
I miei giorni alla libreria Morisaki è un esempio perfetto di questa situazione. Visto, rivisto, incontrato più volte, preso addirittura in mano per portarlo in cassa e poi niente, dimenticato. Fino a che in biblioteca, sulla gondola delle novità, lo vedo in attesa di essere preso e io che faccio? Lo lascio lì? Non credo proprio, me lo porto a casa e lo metto addirittura sul comodino. Ma non solo! Lo inizio praticamente subito, leggendone qualche pagina ogni sera fino ad arrivare alla fine, chiuderlo e pensare AH.
Onestamente non mi spiego perché attorno ai romanzi giapponesi si crei questa misteriosa aura di perfezione, malinconia, struggimento, poesia neanche fossero tutti dei capolavori assoluti, dei piccoli gioielli in attesa di essere scoperti. Diciamoci la verità, quasi mai la maggior parte dei romanzi sono gioielli, sono magari romanzi dignitosi, ben scritti, di autori affermati, insomma ci sono mille ragioni che li portano sugli scaffali, ma quella aura inspiegabile io proprio non la capisco. Non detesto la letteratura giapponese, anzi, semplicemente non capisco perché a prescindere si debba ammantare di mistica poesia anche una storia che non ha niente - ma dico niente - di speciale.
Fatico moltissimo a trovare una ragione che mi spinga a dare un voto negativo o positivo, questo romanzo mi è passato sotto gli occhi e non si è lasciato dietro niente se non il pensiero di essere stata a Tokyo ed essermi persa il quartiere delle librerie in questione, e nemmeno ho sentito il bisogno di appura che esista sul serio. Fate voi.
Di sbagliato non c'è niente, il romanzo fila, ha un inizio una trama e una fine, ma il problema è proprio questo: non ha nulla che lo renda speciale, nulla che ti accenda la scintilla in testa e ti faccia capire che era solo questione di pazienza e attenzione. Nulla di nulla, non l'ho odiato, non l'ho amato, non lo rileggerei e nemmeno lo consiglierei, mi sembra una di quelle storie vuote che finiscono su carta per questioni che esulano dalla magia della storia. Sono cattiva, cinica, quello che volete, ma la mia impressione è questa, tanto più che ogni singolo personaggio mi è sembrato una caricatura del giapponese visto dagli occhi occidentali: la ragazza triste e solitaria che non reagisce agli stimoli, lo zio strambo che lavora nella libreria che è un posto che sembra stare in piedi per magia (e non per soldi), la zia stronza che sparisce e ritorna sparisce e ritorna, la love story asettica e diluita nel tempo che nemmeno loro ci credono, il solito ristorante bar di ritrovo, insomma cliché su cliché nemmeno tanto riusciti.
Lo boccio solo perché l'ho sentito e letto noioso e commerciale, però è anche vero che l'ho letto tutto (è breve) e non l'ho restituito in biblioteca. Rimango su un voto basso ma decente, perché comunque là fuori ci deve essere qualcuno che lo ha amato e questo basta a far rientrare la mia vena acida e chiudere qui la recensione. E comunque non mi arrendo, troverò questo sacro Graal della letteratura giapponese, prima o poi!

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