30 agosto 2021

Stuart Turton
Il diavolo e l'acqua scura

Titolo originale The Devil and the Dark Water

Trama
Neri Pozza
pag. 528 | € 19,00
Batavia, Indie orientali olandesi, 1634. La Saardam, col suo carico di pepe, spezie, sete e trecento anime tra passeggeri e membri dell’equipaggio, è pronta a salpare alla volta di Amsterdam. Una traversata non priva di insidie, tra malattie, tempeste e pirati in agguato in oceani ancora largamente inesplorati. 
Le vele ripiegate, il galeone accoglie nel suo ventre il corteo dei passeggeri aperto da Jan Haan, il governatore generale di Batavia. In sella a uno stallone bianco, seguito da un’accozzaglia di cortigiani e adulatori e da quattro moschettieri che reggono una pesante cassa dal contenuto misterioso, Haan procede impettito. Ad Amsterdam riceverà l’ambito premio per i suoi servigi: sarà uno degli enigmatici Diciassette del consiglio direttivo della Compagnia. Poco dietro avanza il palanchino che ospita Sara Wessel, sua moglie, una nobildonna dai capelli rossi decorati di gemme preziose e un segreto ben custodito nel cuore, e Lia, sua figlia, una ragazzina insolitamente pallida. Seguono dignitari e passeggeri di riguardo, ciambellani, capitani della guardia e viscontesse e, alla fine, a chiudere il corteo, un uomo coi ricci scuri appiccicati alla fronte e un altro con la testa rasata e il naso schiacciato. Sono Samuel Pipps, celebre detective appena trasferito al porto dalle segrete del forte, dov’era recluso con l’accusa di aver commesso un crimine meritevole di processo in patria, e il tenente Arent Hayes, sua fedele guardia del corpo. Le operazioni di imbarco proseguirebbero secondo un consolidato copione se un oscuro evento non funestasse la partenza. In piedi su una pila di casse, un lebbroso vestito di stracci grigi, prima di prendere stranamente fuoco, annuncia che «il signore dell’oscurità» ha decretato che ogni essere vivente a bordo della Saardam sarà colpito da inesorabile rovina e che la nave non arriverà mai alla sua meta. Non è il solo segno funesto. Non appena il galeone prende il largo, sulle vele compare uno strano simbolo: un occhio con una coda.
Il forte è forte e il debole è debole: se sei uno di questi ultimi, non importa se indossi i pantaloni o la gonna. La vita ti schiaccerà comunque come una mosca.
Commento
Per un po' di tempo ho temuto di avere addosso una specie di maledizione, perché ogni romanzo serio che prendevo in mano mi lasciava una sensazione di meh, di indifferenza e di delusione, e mi ero un po' messa sulla difensiva, leggendo romance leggeri per scacciare il malocchio e portare avanti la mia TBR. Poi, nell'ultima settimana di lavoro prima delle ferie, mi sono decisa a pescare dalla scatola dei romanzi da leggere, quelli rimasti a languire al buio per troppo tempo e che prima o poi avrei dovuto affrontare. Dal mucchio ho preso Il diavolo e l'acqua scura e, sarò onesta, non sapevo cosa aspettarmi. Prima di tutto a me non piacciono le storie a tema pirati o marittime o navali, sì se c'è qualcosa di questi temi dentro una storia più ampia non c'è problema, ma se sono esclusivamente di questo genere a me non scatta la magia. Avendo però già letto il primo romanzo di Turton e avendo capito che l'ambientazione è importante solo ai fini della storia e del mistero, mi sono lasciata convincere e non solo l'ho comprato in edizione cartacea ma l'ho addirittura letto con molto gusto, senza fretta, finendolo ben oltre la prima settimana di ferie. Ecco, il fatto che ci abbia messo un po' a finirlo non è assolutamente indice di noia da parte mia, ma - per farla semplice - è stato perché me la sono presa molto comoda, ho letto quando mi andava e mi sono gustata la lettura concentrandomi sul serio senza avere l'ansia di finire a tutti i costi.
La storia è sullo stesso tenore di Le sette morti di ecc. ma, per me, questa è nettamente migliore. Non ci sono tanti momenti WTF di buio assoluto nel quale vai avanti a leggere nella speranza di capirci qualcosa; questo romanzo è più un incastro di pezzi, un puzzle da comporre con le poche tessere che l'autore serve una alla volta e con molta calma e tu quella tessera te la giri in testa, ci ragioni su, aspetti che serva a qualcosa e quasi tieni conto di ogni indizio che spunta dalle pagine. Per me questa lettura è stata un esercizio di pazienza e di attenzione, quasi un test per vedere se sarei riuscita a stare dietro al filo che portava verso la risoluzione del mistero e del caso. Ovviamente l'autore non ha nessuna intenzione di farti capire facilmente la soluzione - o almeno, io non ci sono arrivata - e gioca al gatto e al topo con questo elemento horror fantastico che è poi il fattore scatenante della storia.
La Saardam sta per salpare, il corteo che porta i passeggeri alla nave è dei più eterogenei ma alcuni soggetti spiccano subito grazie al focus dell'autore. Abbiamo Samuel Pipps e Arent Hayes, il primo in manette e il secondo sua guardia del corpo, che si fanno strada tra la folla che vuole lapidare il piccolo risolutore. Pipps è famosissimo per essere una specie di Sherlock Holmes, risolve casi complicati e ha un'estrema capacità deduttiva e un'intelligenza fuori dal comune; Arent, invece, è apparentemente il classico omaccione tutto muscoli e niente cervello, in realtà Hayes è un uomo che ha deciso di dedicare la sua vita a proteggere Pipps per portare la giustizia nel mondo, lasciandosi alle spalle la guerra e le carneficine. Poi abbiamo Sara Wessel e Jan Haan, marito e moglie, lei una donna bella e indomita e lui un vecchio potente e crudele che tiene in pugno il governo della città. Insieme a loro c'è una coda di nobili che vogliono arrivare ad Amsterdam e dei fedelissimi di Haan, dal suo segretario al comandante della nave alla figura curiosa del proprietario (o direttore, non ricordo) della nave, tutti a parte di un misterioso carico che Haan vuole a tutti i costi portare a cospetto di un'organizzazione, I Diciassette, che controlla le vie di commercio navali.
Diversi soggetti con diversi motivi per essere sulla nave, ma prima di salire un lebbroso con la lingua mozzata urla sulla folla una profezia di sventura che vuole la Saardam maledetta così come i suoi passeggeri. Tra tutti solo Sara, Pipps e Arent prendono sul serio la minaccia ma niente smuove la decisione di Haan che, così, mette la nave sulla rotta prestabilita.
La maledizione diventa un'ombra che si serpeggia negli anfratti della nave e semina discordia, morte, sospetto e - infine - vendetta. Aggiungere altro su questo argomento significherebbe privare alla lettura il gusto di scoprire quanto c'è di reale e di mistico e quale ruolo giochino i singoli passeggeri. Ci sono tantissime chiavi di lettura, tanti sospetti che si rivelano innocenti e altrettanti che si rivelano colpevoli, non ha senso analizzarli uno per uno.
Passo, quindi, direttamente al finale e all'impressione che mi ha lasciato. Sono combattuta se criticare la scelta dell'autore o accettarla, perché da un lato c'è il contenuto e dall'altro il modo e i due non hanno suonato benissimo nella mia testa. Il problema, per me, è forse legato ad una questione di ritmo narrativo, di velocità eccessiva rispetto al resto della narrazione che, a conti fatti, ha esposto la soluzione con una strana velocità, come se una volta raggiunto e superato il culmine del mistero l'autore fosse stato di corsa per chiudere il romanzo. Arrivati a 500 pagine ormai un altro centinaio fa poca differenza e magari così la risoluzione e la spiegazione non avrebbero avuto il sapore amaro di una sezione frettolosa e poco approfondita. Questo ritmo veloce non è il ritmo serrato di una scena d'azione, è una descrizione superficiale e semplicistica di chi è colpevole, cos'ha fatto, come e perché, come a dire tanto siamo arrivati alla fine e ti dico il nome, il resto conta poco. Ecco, a me questa chiusura frettolosa ha deluso un pochino, mi sarebbe piaciuto qualcosa di più lento, più cerebrale, meno alla tarallucci e vino però, dai, se penso a quanto mi è piaciuto il resto posso anche accettare di aver corso nel finale.
In chiusura, il romanzo mi è piaciuto molto, sicuramente più del primo, l'ho trovato ben costruito, ben scritto e con un'adeguata precisione nei dettagli sufficiente ad evocare un'immagine storica di accompagnamento alla lettura. Forse Turton potrebbe anche considerare l'opzione di scrivere storie fantastiche o horror in ambientazioni storiche, perché per me gli riesce bene farlo.

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