Titolo originale Sorcery of Thorns
Trama
Mondadori pag. 444 | € 22,00 |
Una vera figlia della biblioteca. Nelle sue vene scorrevano inchiostro e pergamena. La magia delle Grandi Biblioteche viveva nelle sue stesse ossa.
Commento
Faccio una breve premessa. Non ho comprato questo romanzo, ho scaricato l'ebook quando Mondadori lo aveva messo disponibile nel reclutamento recensori, quindi mi freno dal fare qualsiasi commento sul rapporto costo/valore perché, ripeto, non avendo sganciato un euro non ho il diritto di avanzare critiche sul prezzo.
Quello che posso fare, però, - e ho intenzione di farlo subito - è lamentarmi delle strategie di marketing che martellano e convincono i lettori che quello che hanno di fronte è un super romanzo, quando alla fine della lettura l'evidenza dei fatti spinge più che altro verso un voto basso o medio e verso una perplessità mia personalissima: spingono per vendere, è ovvio, ma chi non è stipendiato dall'editore e si abbandona a lodi sperticate proprio prima dell'uscita del romanzo, e poi il romanzo non è quel granché, crede sul serio a quello che dice? Mistero della fede.
Il mio voto è basso e la delusione è tanta. Forse per colpa mia, non avevo capito che il target di Sorcery of Thorns sarebbe stato adolescenziale puro, quasi un libro per ragazzi, così ad un certo punto della lettura sono dovuta scendere a patti con lo stile che, secondo me, è il grosso problema di tutto il libro. Non odio il fatto che il libro abbia una natura più semplice e che eviti di calcare la mano su aspetti che, ormai, diamo per scontati grazie alla saturazione da NA (anche fantasy, basti vedere la Maas), però trovo che tra l'essere a target giovane ed essere scritto in modo povero ci passi in mezzo un oceano di stile. Non ho mai letto nulla della Rogerson, non ho idea di chi sia quindi non posso supporre che scriva sempre così, ma in questo libro il suo stile mi ha delusa molto ed è stato il fattore determinante che mi ha spinta a dare un voto basso, specialmente se penso che il contenuto e le idee che sostengono la storia siano di tutto rispetto.
C'è un contrasto di base tra contenuto e forma: il contenuto a volte è persino geniale, ma il modo in cui viene esposto e narrato non gli rende giustizia. Un'idea eccellente perde potenza perché viene raccontata come se a farlo fosse un principiante, quello che dovrebbe essere drammatico diventa piatto, quello che dovrebbe smuovere le emozioni non suscita nulla: tutto si è salvato solo ed esclusivamente per il contenuto, altrimenti avrei mollato la lettura.
Primo pregio assoluto: è un romanzo stand alone. Non ci sono seguiti (che io sappia, almeno) inizia e finisce senza lasciare il portone di servizio aperto, per cui lo si legge con una certa tranquillità, senza l'ansia da storia incompleta. L'elemento fantasy è preciso, con una sua forte identità e pesca a piene mani da una eredità letteraria immensa senza però puzzare di già letto; quello che la Rogerson sfrutta come punti di forza escono ben fatti, peccato che non siano altrettanto ben esposti.
La prima cosa che ho trovato adorabile è stata la scelta di rendere i libri vivi: i grimori, in quanto libri di incantesimi, sviluppano una personalità e un livello di pericolosità diverse. In base al loro livello vengono trattati in modo preciso: se sono di alto livello sono quasi dei detenuti di massima sicurezza, se sono di basso livello sono libri della biblioteca e sono anche liberi di cooperare o di fare dispetti. Il libro magico è vivo e proprio per questo la particolarità del personaggio protagonista trova una ragione d'esistere. Elisabeth è una protagonista abbastanza gradevole, non spicca per essere l'eroina facciotuttoio sotuttoio odiosa e bellissima che di solito ci vengono propinate nei fantasy. Elisabeth è alta, arruffata, un po' inselvatichita dalla sua indipendenza nella Biblioteca e dalla sua speciale affinità con i grimori. Lei con i libri ci parla e loro parlano a lei, hanno un feeling, hanno un legame che è nato perché Elisabeth è arrivata nella Biblioteca quando era un bebé, ed è cresciuta tra i libri senza paura, considerandoli compagni e dando loro il rispetto e l'attenzione di una cosa viva. Quindi sì, almeno il suo essere speciale ha un senso e non è semplicemente perché Elisabeth è bellissima ed è speciale perché è l'eletta o chissà che altro.
Poi abbiamo la magia: la distinzione delle famiglie e dei poteri che rappresentano, la presenza di grimori di famiglia, di demoni famigli legati ai maghi; l'idea stessa di magia intesa nel senso più tradizionale, con incantesimi e pozioni ed evocazioni, è ciò che ha dato un sapore retrò al romanzo e lo ha reso così interessante. I maghi sono come un'elite, sono potenti e adorati, ma anche pericolosi se perdono il controllo, e sono la vera anima della festa: tolto il misterioso e fascinoso Magister Thorn con il suo demone Silas cosa sarebbe rimasto? Senza di lui non ci sarebbero state l'ironia e il cinismo di un giovane solo e inacidito con il mondo, non ci sarebbe stata la meravigliosa bromance demone/mago, non ci sarebbero stati incantesimi smeraldini e svolazzi vittoriani. Nathaniel non può essere ridotto all'interesse amoroso di Elisabeth perché è molto di più, è protagonista tanto quanto lei, e il fatto che i due poi si facciano gli occhi dolci in un modo che forse trovavo solo nei romanzi della collana Ragazzine mi ha un po' afflosciata. Se proprio si vuole inserire il romanticismo ci sono diversi modi per farlo e scegliere il solito primo amore adolescenziale - soprattutto come se lo avesse scritto una ragazzina - non è stata per me una grande decisione. Silas salva capre e cavoli. Basta la sua sola presenza per smorzare il tono vagamente infantile della narrazione e per dare un sapore più serio al romanzo.
Per farla breve, la storia è anche carina e alcuni suoi aspetti sono molto belli, ma è il come è stato scritto ad essere il vero problema: dopo un po' ero annoiata, andavo avanti per pura curiosità e non ho sentito mai, nemmeno una volta, trasporto emotivo. Se un autore non sa emozionare mai non è colpa della storia ma dello stile. Rimango della mia idea che questo sia stato un romanzo pompato dal marketing in modo molto furbo ed efficiente ma che, a conti fatti, è solo un romanzo carino che si legge in poco tempo, lontanissimo da alcuni titoli di riferimento del genere. Non facciamo paragoni azzardati, per cortesia, teniamo i piedi ben piantati a terra e non dimentichiamoci di essere obiettivi: non c'è niente di male nell'essere un romanzo carino, ma darsi arie di capolavoro è un crimine.
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