Titolo originale The Ickabog
Trama
Salani | pag. 320 | € 19,80 |
"Ed è vero che il mostro parla la nostra linmgua?" domandò Teo, che nei suoi incubi lo sentiva bisbigliare "Il re...voglio il re...dove sei, piccolo re?" mentre strisciava nelle strade buie diretto a palazzo."Certamente" rispose Truffalmacco, con un altro profondo inchino. "Riteniamo che l'Ickabog l'abbia imparata facendo prigionieri. Prima di sbudellare e divorare le sue vittime, crediamo che le costringa a dargli lezioni di grammatica."
Commento
Non entrerò nel merito della polemica pro o contro Rowling, non è questo il luogo adatto, dirò solo che leggerò la Row finché i suoi romanzi mi interesseranno. Di più non elaboro.
Quando uscì a puntate e gratis l'Ickabog durante il lockdown io non mi sono fiondata a leggere. Forse non ero nel mood adatto, forse davo per scontato che sarebbe uscito cartaceo - come poi è successo -, ma in ogni caso non avevo nessuna fretta di leggere questa favola. A me le favole non attirano, ho avuto la mia fase quando ero bambina ma ora che sono adulta non ritengo debbano necessariamente esercitare attrazione su di me, come essere umano e lettrice. Ho fatto questa eccezione perché l'autrice è la Row e per nessun altro motivo, ma proprio perché il genere non mi interessa non ci sono andata leggera con il voto. Ho dato tre per pura gentilezza e perché trovo che l'iniziativa delle illustrazioni sia da lodare, considerando le circostanze; il contenuto però non è assolutamente tale da farmi gridare al miracolo.
Non è che siccome questa favola l'ha scritta la Row è più bella, originale o speciale di altre, ha avuto più risalto perché è lei, ha venduto perché è lei, i bambini ci si sono appassionati perché è lei (e per il Covid) ma cosa rimane se togliamo il suo nome dalla copertina?
Brutale e onesta? L'Ickabog non mi ha fatta impazzire. Più che dire che è carino, che si legge e che le illustrazioni sono adorabili (ma solo perché sai che ci sono dietro un pargoletto o una pargoletta), non ho molto altro da aggiungere. Indubbiamente mi aspettavo di più non solo in termini di contenuto. Tanto per iniziare, visto il prezzo, pensavo fosse un formato illustrato un po' più grande di un libro. Invece è né più né meno un libro con una bella copertina e una rilegatura decente, illustrazioni a colori e carta spessa e patinata, ma rimane pur sempre il libro di una favola. Breve, piccolo, con un prezzo altino.
La storia è ambientata in un paese di fantasia della Francia, dove il cibo e la gastronomia la fanno da padrone. Nomi, situazioni, eventi, tutto ha il gusto grottesco e fantasioso di una favola, inclusi i protagonisti che paiono essere usciti da un libro degli anni '80. Tra vestiti e ambientazioni di gusto vagamente rinascimentale, spunta fuori questo Ickabog.
Non fate l'errore di pensare che l'Ickabog sia protagonista della favola, perché per buona parte di essa viene considerato come inesistente, un parto dell'immaginazione e della fantasia delle persone, una versione più colorita e pittoresca dell'uomo nero.
Quindi abbiamo questi centri abitati fatti di vino, dolci e formaggi, e il loro re che è una macchietta, un damerino vanitoso e ingenuo che si circonda di serpi velenose. I due assistenti del re sono quelli che normalmente vengono considerati i cattivi di una storia e qui non si risparmiano qualsiasi forma di azioni orrende: furto, omicidio, corruzione, c'è talmente tanta bruttura che spesso mi sono chiesta se non fosse troppo per una favola per bambini. Poi abbiamo i personaggi buoni, quelli che subiscono ogni forma di sopruso e cattiveria, e naturalmente tra tutti emergono i bambini prima piccoli e poi più cresciuti, perché questa favola copre un arco temporale lungo, troppo lungo per i miei gusti.
Quando la situazione tocca il fondo, ecco che finalmente spunta fuori questo Ickabog e l'eccitazione di finalmente incontrare questa creatura si gonfia: non basta rivestire le cose di un vestito fantastico, se ci sono solo cose brutte e orrende puoi inventarti tutti i nomi del mondo ma rimangono brutte e orrende e fin troppo realistiche.
Dicevo, l'Ickabog. Non è una creatura particolarmente affascinante, anzi direi che è proprio brutto, un mostro che naturalmente è buono e che è ridotto all'estinzione per colpa dell'uomo. E' questa la morale della favola? Il mio cuore arido non mi permette di andare al di là di quello che ho letto e che non mi ha impressionata granché. L'Ickabog è una creatura brutta ma buona, che grazie all'aiuto dei bambini riesce a ritrovare il suo posto nel mondo e che serve a lanciare dei messaggi di tolleranza e bontà che si perdono nella marea di negatività servita nelle pagine precedenti. La Row ha calcato talmente tanto la mano con i cattivi che, quando arriva il lieto fine o si deve semplicemente entrare in sintonia con l'Ickabog, si è totalmente anestetizzati. Almeno, io ero indifferente a quello che leggevo e mi fa male dire che ho raggiunto la fine di questa favola provando sollievo.
Forse letto così non ha più senso, forse la sua forza stava proprio nel centellinarlo in un momento di disperazione globale, forse sono troppo gnucca e cinica che apprezzare la semplicità delle favole, però così è andata e non si può tornare indietro. Sapendo quello che so adesso lo avrei comprato? No, probabilmente no. Lo avrei letto? Forse sì, preso dalla biblioteca. Mi ha influenzato che in copertina ci fosse il nome della Row? Ovvio, come tutto il mondo del resto. Perché siamo sinceri, se lo avesse scritto il signor Nessuno probabilmente non avrebbe nemmeno visto la luce del sole.
Detto questo torno nei meandri dei libri che piacciono a me e abbandono le lande zuccherose delle favole.
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