Titolo originale All the Bright Places
Trama
De Agostini pag. 400 | € 10,90 |
È una gelida mattina di gennaio quella in cui Theodore Finch decide di salire sulla torre campanaria della scuola per capire come ci si sente a guardare di sotto. L’ultima cosa che si aspetta però è di trovare qualcun altro lassù, in bilico sul cornicione a sei piani d’altezza. Men che meno Violet Markey, una delle ragazze più popolari del liceo. Eppure Finch e Violet si somigliano più di quanto possano immaginare. Sono due anime fragili: lui lotta da anni con la depressione, lei ha visto morire la sorella in un terribile incidente d’auto. È in quel preciso istante che i due ragazzi provano per la prima volta la vertigine che li legherà nei mesi successivi. I giorni, le settimane in cui un progetto scolastico li porterà alla scoperta dei luoghi più bizzarri e sconosciuti del loro Paese e l’amicizia si trasformerà in un amore travolgente, una drammatica corsa contro il tempo. E alla fine di questa corsa, a rimanere indelebile nella memoria sarà l’incanto di una storia d’amore tra due ragazzi che stanno per diventare adulti. Quel genere d’incanto che solo le giornate perfette sono capaci di regalare.
Tu sei tutti i colori in uno, nel loro massimo splendore.
Commento
***spoiler***
***spoiler***
Mi avevano preparata.
Ingenuamente lo avevo messo in pila con dei romanzi auto conclusivi per il semplice motivo che lo avevo in lista di lettura da molto tempo. Pensavo fosse uno YA come tanti, che mi avrebbe portato via poco tempo e poche energie, pensavo di infilarlo tra una lettura impegnativa e l'altra e smaltirlo dalla lista. Ho preso alla leggera gli avvertimenti sul suo essere pesante e, invece, mi sono lasciata catturare dalla quarta di copertina. Queste convinzioni mi si sono ritorte contro con gli interessi.
Raccontami di un giorno perfetto finisce dritto nella categoria dei romanzi meravigliosi e devastanti, capitanata dall'inarrivabile Proibito (QUI la recensione), e anche in quella dei romanzi che avevo stupidamente sottovalutato e che mi hanno rubato il cuore.
Proprio perché il romanzo ricade in questa categoria, trovo sia impossibile fare una recensione senza spoiler, tanto più che credo siano indispensabili per chi ha paura di leggere questa storia perché ha capito che c'è qualcosa di potenzialmente drammatico.
Proprio perché il romanzo ricade in questa categoria, trovo sia impossibile fare una recensione senza spoiler, tanto più che credo siano indispensabili per chi ha paura di leggere questa storia perché ha capito che c'è qualcosa di potenzialmente drammatico.
La Niven ha costruito una storia che è solo all'apparenza un romanzo per ragazzi. Lo è, ma è anche per gli adulti perché riesce ad unire due mentalità e due approcci diversi trattando un argomento impegnativo con uno stile chiaro e sincero senza ricamarci sopra. C'è romanticismo, è vero, vengono trattati temi impegnativi e socialmente controversi (bullismo, assistenza ai più giovani, malattie mentali), ma è più di ogni cosa il romanzo di un ragazzo e di come la sua natura influenzi prima di tutto se stesso e poi tutte le persone che lo circondano.
Questo ragazzo è Theodore Finch, un giovane quasi diciottenne che nella sua scuola è conosciuto come il Fenomeno o lo Schizzato. Bello, di una bellezza nata da una combo speciale di lineamenti e personalità, e strano a causa di un comportamento sopra le righe che lo ha messo spesso nei guai, Finch è un maestro nel costruirsi un'identità da presentare alla società, mentre nella sua testa il vero Finch rimbalza tra le pareti di un disturbo non diagnosticato che nemmeno lui riesce a riconoscere.
Se si guarda solo la superficie di Finch è facile farsi fregare dal suo modo di fare e pensare che sia solo un ragazzo troppo esuberante, a tratti irresponsabile e con un brutto carattere. Gli scatti d'ira, le assenze da scuola, i picchi di euforia e di energia vengono sempre interpretati come ragazzate, come espressione di un'età problematica e per questo non preoccupanti. Ma se ci si sforza un pochino, se solo ci si pone la domanda giusta, si apre un intero mondo nella mente di Finch dove niente è semplice, niente è banale, e ogni cosa è proiettata a tutto volume e a colori sgargianti.
Non sapremo mai se la malattia di Finch è veramente il disordine bipolare (lo dice l'autrice, comunque), quale diagnosi corretta e quali spiegazioni si nascondono dietro la sua natura perché Finch accarezza il desiderio di uccidersi con il sorriso sulle labbra e contrasta questa oscurità correndo verso la vita, ma alla fine la sua natura vince, il suo desiderio viene espresso ed esaudito e Finch non c'è più.
Quindi sì, a chiunque abbia timore di leggere questo romanzo dico che il lieto fine non c'è, che il protagonista si suicida e che se pensate di soffrire troppo (e si soffre) forse non è il caso di prenderlo in mano. Però vi dico anche questo: prima del finale c'è un intero romanzo di mezzo, c'è Finch, c'è Violet, c'è il loro amore e ci sono una maturità e un'onesta nel raccontare la loro storia che valgono tutte le lacrime che si verseranno.
E' l'ultimo anno di superiori, Finch è sulla torre della scuola e guarda di sotto i suoi compagni. E' di buon umore, non ha veramente intenzione di buttarsi perché si è appena Risvegliato dopo un periodo di Sonno. Valuta i pro e i contro della situazione, decide che il brivido della possibilità è - per ora - sufficiente, e fa per rientrare oltre la ringhiera quando si accorge che al lato opposto della torre, nella sua stessa posizione c'è una ragazza. Al contrario di Finch, questa ragazza sembra pietrificata, come se non avesse ben capito che sporgersi da una torre senza protezioni la porti ad un soffio dal cadere di sotto e morire. Finch non crede che quella ragazza voglia veramente buttarsi, il suo modo di fare così contrario al suo ne è chiaro segno, così prende l'iniziativa e l'aiuta a mettersi al sicuro.
Quella ragazza è Violet Markey, piuttosto popolare, molto carina e, per questo, in una posizione potenzialmente pericolosa. Se i loro compagni sapessero, la sua vita sociale sarebbe finita, così Finch, abituato ad assumere il ruolo dello Schizzato, le dice di raccontare a tutti che lei è salita sulla torre per salvarlo.
Chiusa questa questione, però, Finch non riesce a togliersi Violet dalla testa e coglie al volo l'opportunità di starle più vicino mettendosi in coppia con lei per un progetto di geografia. Finch si impone, seppure con il sorriso, su una Violet che non solo non si fida ma non vuole proprio averci a che fare perché lui è strano, è chiassoso, è invadente ed è Theodore Finch il Fenomeno.
In realtà Finch è proprio quello di cui Violet ha bisogno. Mentre tutti accettano la sua immobilità perché sta ancora soffrendo per la morte della sorella, Finch la scuote, la obbliga a uscire dal bozzolo e mettersi in moto perché per lui l'azione e il muoversi sono espressione di libertà e di vita.
Ogni giorno Finch trova qualcosa di positivo che gli ricordi perché è felice, che lo sproni a non cadere nel grande Sonno e in Violet trova qualcuno che piano piano lo apprezza per quello che è, anche se a volte nemmeno lui quale sia il vero Finch.
La storia d'amore tra i due ragazzi è, in realtà, una scoperta di entrambi. Il tempo che passano insieme diventa un modo per conoscersi, per imparare a vedere le cose in modo diverso e per dimostrare che c'è ancora qualcosa di buono, qualcosa di importante, per cui valga la pena vivere - non solo in senso letterale.
Tra i due è Finch che comanda, sia perché prende l'iniziativa di fronte ad una Violet passiva, sia perché il suo modo di pensare lo costringe spesso a vivere le esperienze ad una velocità diversa da quella degli altri. A volte Finch risente di questo stato, si sente come se il mondo andasse a rallentatore, a volte è lui a muoversi lentamente, ma sempre in qualsiasi situazione si trovi i suoi pensieri sono nettamente più intensi e vibranti della media delle persone.
Finch è consapevole della sua diversità ma, soprattutto, della fragilità della sua esistenza: il desiderio di suicidio non è un semplice desiderio di morire, quanto un bisogno di perdersi, di annullarsi, di sparire in un universo parallelo dove sentirsi finalmente in pace. E' nell'acqua che Finch riesce a rilassare il corpo e i pensieri, ed è sempre l'acqua l'elemento che lo richiama a sé alla fine, ma è la poesia che gli permette di comunicare agli altri cosa gli passa per la testa: Cesare Pavese e Virginia Wolf (entrambi morti suicidi) sono i due autori che gli regalano i versi perfetti:
Cosa lo dico a fare, le ultime cento pagine sono strazianti. L'assenza improvvisa del punto di vista narrativo di Finch e la sua fuga nella realtà del romanzo contagiano Violet e il lettore con una disperazione mista a speranza. Sarà a fare uno dei suoi giri, come sempre, perché Finch è fatto così. E poi arrivano i messaggi di addio, e lo stomaco ti si chiude, rifiuti l'inevitabile e rimani incredulo e anestetizzato tanto quanto Violet.
Tutti i colori di Finch, la sua energia, la sua esuberante presenza sono spariti e quello che rimane in Violet è rabbia, perché lui l'ha lasciata; senso di colpa, perché se solo non lo avesse fatto arrabbiare; incapacità di accettare la sua morte, perché com'è possibile che lui le ha fatto tornare la voglia di vivere quando non ne aveva per sé; dolore perché un mondo senza Finch è all'improvviso meno bello, meno intenso, meno interessante, meno emozionante, meno colorato.
Ed è così anche per noi, che siamo costretti a sopportare e a condividere le emozioni verosimili di una ragazza inventata per la morte di un ragazzo inventato.
Questo romanzo è tragicamente bello, così come il personaggio di Finch è tragicamente bello, meravigliosamente creato con tutti i difetti della malattia e i pregi della sua mente brillante, e la narrazione non scade mai nel banale, non c'è una sola espressione, un solo gesto, un solo pensieri che risultino forzati e poco credibili. L'autrice conosce, sa, lo ha vissuto, e la sua esperienza esce fuori dalla scelta lessicale, dal modo in cui descrive i pensieri di Finch e i sentimenti di Violet. Forse è per questo che il romanzo rimane dentro anche giorni dopo la sua lettura, perché è vero quanto può esserlo una storia inventata. Nei nostri cuoricini Finch è vero, però, e forse adesso fluttua nell'iperspazio senza nessun pensiero, un tutt'uno con le stelle.
Quindi sì, a chiunque abbia timore di leggere questo romanzo dico che il lieto fine non c'è, che il protagonista si suicida e che se pensate di soffrire troppo (e si soffre) forse non è il caso di prenderlo in mano. Però vi dico anche questo: prima del finale c'è un intero romanzo di mezzo, c'è Finch, c'è Violet, c'è il loro amore e ci sono una maturità e un'onesta nel raccontare la loro storia che valgono tutte le lacrime che si verseranno.
E' l'ultimo anno di superiori, Finch è sulla torre della scuola e guarda di sotto i suoi compagni. E' di buon umore, non ha veramente intenzione di buttarsi perché si è appena Risvegliato dopo un periodo di Sonno. Valuta i pro e i contro della situazione, decide che il brivido della possibilità è - per ora - sufficiente, e fa per rientrare oltre la ringhiera quando si accorge che al lato opposto della torre, nella sua stessa posizione c'è una ragazza. Al contrario di Finch, questa ragazza sembra pietrificata, come se non avesse ben capito che sporgersi da una torre senza protezioni la porti ad un soffio dal cadere di sotto e morire. Finch non crede che quella ragazza voglia veramente buttarsi, il suo modo di fare così contrario al suo ne è chiaro segno, così prende l'iniziativa e l'aiuta a mettersi al sicuro.
Quella ragazza è Violet Markey, piuttosto popolare, molto carina e, per questo, in una posizione potenzialmente pericolosa. Se i loro compagni sapessero, la sua vita sociale sarebbe finita, così Finch, abituato ad assumere il ruolo dello Schizzato, le dice di raccontare a tutti che lei è salita sulla torre per salvarlo.
Chiusa questa questione, però, Finch non riesce a togliersi Violet dalla testa e coglie al volo l'opportunità di starle più vicino mettendosi in coppia con lei per un progetto di geografia. Finch si impone, seppure con il sorriso, su una Violet che non solo non si fida ma non vuole proprio averci a che fare perché lui è strano, è chiassoso, è invadente ed è Theodore Finch il Fenomeno.
In realtà Finch è proprio quello di cui Violet ha bisogno. Mentre tutti accettano la sua immobilità perché sta ancora soffrendo per la morte della sorella, Finch la scuote, la obbliga a uscire dal bozzolo e mettersi in moto perché per lui l'azione e il muoversi sono espressione di libertà e di vita.
Ogni giorno Finch trova qualcosa di positivo che gli ricordi perché è felice, che lo sproni a non cadere nel grande Sonno e in Violet trova qualcuno che piano piano lo apprezza per quello che è, anche se a volte nemmeno lui quale sia il vero Finch.
La storia d'amore tra i due ragazzi è, in realtà, una scoperta di entrambi. Il tempo che passano insieme diventa un modo per conoscersi, per imparare a vedere le cose in modo diverso e per dimostrare che c'è ancora qualcosa di buono, qualcosa di importante, per cui valga la pena vivere - non solo in senso letterale.
Tra i due è Finch che comanda, sia perché prende l'iniziativa di fronte ad una Violet passiva, sia perché il suo modo di pensare lo costringe spesso a vivere le esperienze ad una velocità diversa da quella degli altri. A volte Finch risente di questo stato, si sente come se il mondo andasse a rallentatore, a volte è lui a muoversi lentamente, ma sempre in qualsiasi situazione si trovi i suoi pensieri sono nettamente più intensi e vibranti della media delle persone.
Finch è consapevole della sua diversità ma, soprattutto, della fragilità della sua esistenza: il desiderio di suicidio non è un semplice desiderio di morire, quanto un bisogno di perdersi, di annullarsi, di sparire in un universo parallelo dove sentirsi finalmente in pace. E' nell'acqua che Finch riesce a rilassare il corpo e i pensieri, ed è sempre l'acqua l'elemento che lo richiama a sé alla fine, ma è la poesia che gli permette di comunicare agli altri cosa gli passa per la testa: Cesare Pavese e Virginia Wolf (entrambi morti suicidi) sono i due autori che gli regalano i versi perfetti:
Sono radicato, eppure fluttuoMa anche se l'amore tra Violet e Finch nasce e cresce, Theodore è pur sempre solo, isolato a causa della condizione, incapace di fermare un corso di pensieri autodistruttivi che offuscano la realtà. Finch soffre da solo sia per scelta, perché rifiuta di essere definito da termini impersonali che lo identificherebbero con la malattia, sia perché è incapace di superare le fasi della malattia stessa, senza supporto, senza comprensione, senza attenzione, lasciato andare alla deriva da una famiglia assente e sottovalutato da un sistema sanitario che preferisce prendere per buoni i suoi sto bene, grazie.
Siamo tutti soli, intrappolati nel corpo e nella mente, e qualsiasi compagnia troviamo a questo mondo non è che superficiale e passeggera.La verità è che Finch, per quanto voglia vivere e per quanto sia innamorato di Violet, è malato e la sua fine è inevitabile, eppure riesce a lasciare un segno indelebile, a colorare il mondo di Violet e del lettore che finisce per adorarlo e per affezionarsi anche se sente incombere la vibrazione della tragedia.
Cosa lo dico a fare, le ultime cento pagine sono strazianti. L'assenza improvvisa del punto di vista narrativo di Finch e la sua fuga nella realtà del romanzo contagiano Violet e il lettore con una disperazione mista a speranza. Sarà a fare uno dei suoi giri, come sempre, perché Finch è fatto così. E poi arrivano i messaggi di addio, e lo stomaco ti si chiude, rifiuti l'inevitabile e rimani incredulo e anestetizzato tanto quanto Violet.
Tutti i colori di Finch, la sua energia, la sua esuberante presenza sono spariti e quello che rimane in Violet è rabbia, perché lui l'ha lasciata; senso di colpa, perché se solo non lo avesse fatto arrabbiare; incapacità di accettare la sua morte, perché com'è possibile che lui le ha fatto tornare la voglia di vivere quando non ne aveva per sé; dolore perché un mondo senza Finch è all'improvviso meno bello, meno intenso, meno interessante, meno emozionante, meno colorato.
Ed è così anche per noi, che siamo costretti a sopportare e a condividere le emozioni verosimili di una ragazza inventata per la morte di un ragazzo inventato.
Questo romanzo è tragicamente bello, così come il personaggio di Finch è tragicamente bello, meravigliosamente creato con tutti i difetti della malattia e i pregi della sua mente brillante, e la narrazione non scade mai nel banale, non c'è una sola espressione, un solo gesto, un solo pensieri che risultino forzati e poco credibili. L'autrice conosce, sa, lo ha vissuto, e la sua esperienza esce fuori dalla scelta lessicale, dal modo in cui descrive i pensieri di Finch e i sentimenti di Violet. Forse è per questo che il romanzo rimane dentro anche giorni dopo la sua lettura, perché è vero quanto può esserlo una storia inventata. Nei nostri cuoricini Finch è vero, però, e forse adesso fluttua nell'iperspazio senza nessun pensiero, un tutt'uno con le stelle.
Per una volta non desidero essere nessun altro se non Theodore Finch, il ragazzo che la frequenta. Lui sa perfettamente cosa significa essere elegante ed euforico, e un centinaio di altre cose: imperfetto, stupido, in parte stronzo, in parte incasinato, in parte fuori di testa, uno che non vuole causare problemi alla gente che ha intorno, ma, soprattutto, a se stesso. Un ragazzo che si sente a proprio agio in questo mondo e nella propria pelle. Ecco il ragazzo che voglio essere. E questo è quello che voglio sia scritto sul mio epitaffio: Il ragazzo che piaceva a Violet Markey.
3 commenti:
Ciao! è un romanzo di cui ho sentito tanto parlare. La tua recensione è dettagliata ed interessante! Già da tempo ho in mente di leggerlo, spero di poterlo fare presto!
Te l'avevo detto che questo libro era devastante. Ed era stupendo. Io al contrario tuo ho letto prima questo e poi Proibito, per cui quando ho letto Proibito non ho versato una lacrima, le avevo perse tutte qui.
Bellissima recensione.
@Silvia
mi raccomando non fartelo scappare!
@Autumn
Non hai pianto con Proibito? Non ci credo.
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