Serie Cronache dei Vampiri 11
Titolo originale Prince Lestat
Trama
Longanesi pag. 559 | € 19,90 |
"Sono Lestat", dissi sottovoce. "Il tuo Lestat. Sono lo stesso Lestat che hai sempre conosciuto e, indipendentemente da quanto sono cambiato, rimango tuttora la creatura di un tempo."
Commento
Il Principe Lestat è il ritorno alle Cronache dei Vampiri di Anne Rice. Undici anni lo separano dall'ultimo titolo della serie, Blood (Blood Canticle), e tra di loro ci sono ben sette romanzi divisi in tre serie.
Insomma, quando la Rice ha dichiarato di aver abbandonato i suoi vampiri tutti ci avevano creduto, e con il passare degli anni la speranza era morta ad ogni nuovo romanzo che pubblicava.
Quando è stato annunciato il ritorno di Lestat - alla fine nemmeno lei è riuscita a separarsene - si è riaccesa la lucina nel cuore dei suoi fans, e ho aspettato come un'invasata che Longanesi pubblicasse l'edizione italiana. Ragazzi, io non mi ricordavo di averlo pagato così tanto, forse l'ho rimosso, ma quando l'ho sfilato dallo scaffale mi è preso un coccolone. Solo per Annina e per zia Jo spendo certe cifre, e lo faccio con piacere, ma la mia anima sterile e taccagna piange al pensiero di aver pagato un libro così tanto e di averlo lasciato intoccato in libreria per tre anni.
Il Principe Lestat è la seconda lettura che faccio in base al mio buon proposito di smaltire le letture da me acquistate e lasciate a languire in libreria. Non mi pento assolutamente di essere riuscita a mantenere questo programma e sono contenta di essere finalmente in pari con le Cronache dei Vampiri perché ora sono pronta all'uscita di Prince Lestat and the Realm of Atlantis - titolo che, ad essere onesta, mi inquieta un pochino.
Se avessi dato retta ai commenti e ai voti, non avrei iniziato questo romanzo, perché se ne parla malissimo. Tutti lo paragonano ai primi titoli della serie, e lo trovano sempre in difetto per un motivo o per l'altro. La struttura non è piaciuta, i personaggi non sono piaciuti e la trama non è piaciuta.
A me, invece, è piaciuto.
Se penso a quanto mi è risultato strano e out of character Lestat in Blood, qui è tutto il contrario. Il principino viziato, il Lestat capriccioso e impulsivo ma brutalmente pragmatico è tornato, ed è assolutamente meraviglioso. L'ho adorato, l'ho amato, ho tifato per lui sempre e ho gradito il modo in cui la sua personalità - al di là della sua età nel Sangue - lo abbia reso speciale tra i suoi simili in un modo in cui nemmeno di Antichi potevano sperare. Soltanto lui, del resto, poteva essere innalzato a questo ruolo - quello di Principe - proprio per la sua energia e per la sua personalità, per la sua continua ricerca della bellezza e dell'amore, come se fossero la sua fede.
Gli altri personaggi sono una scoperta. Ce ne sono così tanti e così tanti di nuovi e mai incontrati prima, che tutto il romanzo sembra essere una continua presentazione. Da vampiri giovani a quelli millenari, la Rice ce li presenta con brevi capitoli con i loro punti di vista narrativi riuscendo a delineare le loro personalità in pochissime parole. La magia di scoprire nuovi personaggi, con le loro storie e le loro esperienze, è necessario affinché tutto il romanzo regga: il loro ritrovarsi ed unirsi è una sorta di evento mai accaduto, un miracolo dettato dal pericolo ma anche dalla voglia di unirsi, di stare insieme. Onestamente, non capisco perché i lettori si siano lamentati della densità di personaggi, ma senza di loro non avremmo mai scoperto le discendenze di sangue, cosa che mi ha incuriosita tantissimo.
La trama è l'altro punto critico. Effettivamente ci ho messo un po' a capire la direzione della storia, ma una volta che ti rendi conto di cosa sta succedendo tutto diventa talmente chiaro e logico che accetti qualsiasi evoluzione, perché era il momento giusto e doveva succedere prima o poi.
Certo, ci sono alcuni punti che mi hanno lasciata perplessa e di cui non ho capito la necessità, ma si impara in fretta ad accettare le stramberie della Rice perché le sa scrivere così bene, diventano così ultraterrene che non ti importa più se suonano forzate.
Il filo conduttore, anche se ci mette un po' a rivelarsi, riporta i personaggi alle loro origini e li obbliga a mettersi in discussione: qual'è la loro natura? Il loro destino? E' arrivato il momento di cambiare? E a tutte queste domande c'è la Voce che risponde a modo suo, spingendo molti vampiri ad azioni violente, costringendo la tribù - come si chiamano - a decisioni epocali. A questa rivoluzione molti non sopravvivono, vampiri che abbiamo imparato ad apprezzare - ma che io non ho mai particolarmente amato - soccombono in un modo o nell'altro, nel corpo o nello spirito, tanto che la questione si riduce alla semplice forza di volontà: o la possiedi o no, nonostante l'età nel Sangue.
Gioca un ruolo importante la struttura. Con così tanti personaggi e con una trama da costruire da diversi punti di vista e in diversi luoghi e momenti, era inevitabile che la Rice saltasse da un personaggio all'altro, in capitoli che all'inizio sembrano slegati ma che in realtà hanno uno scopo ben preciso. Non mentirò, all'inizio ho fatto un po' di fatica a farmi prendere da questo strano ritmo, perché venir sbalzati da un pov all'altro senza avere una trama già delineata non è facile, ma basta tenere duro e non perdere la concentrazione e, superato un certo punto non ci sono più ostacoli.
Per farla breve, posso capire perché tanti si sono lamentati, ma secondo me la Rice ha voluto chiudere un'epoca delle Cronache in modo svelto, senza grandi attese, dandosi spazio per iniziare storie nuove senza il peso dei primi romanzi - che sono tuttora dei capolavori. Io approvo, il romanzo mi è piaciuto e non l'ho vissuto come un ritorno smorzato, castrato, deforme, per me è stato come partire in quarta con una macchina ferma da mesi. All'inizio singhiozza, ma poi sfreccia velocissima.
I love you Annina.
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