5 dicembre 2016

Sarah Waters
L'ospite

Titolo originale The Little Stranger

Trama
Ponte Alle Grazie
pag. 532 | €  20,00
Hundreds Hall, l’antica dimora di campagna della famiglia Ayres: varcarne i cancelli dopo trent’anni è un momento di grande trepidazione per il dottor Faraday, lui che ancora bambino, nel lontano 1919, ne aveva ammirato con occhi sgranati lo sfarzo e lo splendore.
Quel passato, tuttavia, è ormai un vago ricordo: i suoi abitanti — la vedova del Colonnello Ayres e i figli Roderick e Caroline — sono, infatti, impegnati in una disperata battaglia per salvare dalla rovina se stessi e la casa.
Ma proprio quest’ultima sembra gettare le ombre più funeste sul futuro: stanze che di colpo diventano trappole, pareti da cui emergono sussurri malevoli e segni inquietanti, un devastante incendio notturno...chi, o che cosa, c’è dietro questi eventi? Quale mistero grava sul destino degli Ayres? Ma, soprattutto, fino a che punto si spingerà la minaccia?



Commento
Anni e anni fa questo sarebbe stato il tipo di romanzo che avrei divorato, il tipo di romanzo che avrei desiderato, cercato e poi consumato.
Poi mi sono rimbecillita un pochino, o forse il mio cervello era troppo stanco, e mi sono abituata ad uno standard narrativo di basso livello (triste, ma vero) e di leggere un romanzo di oltre 500 pagine che non fosse di genere non mi passava nemmeno per l'anticamera del cervello.
Mi sono impigrita, mi sono assuefatta ad un tipo di lettura fast-food che mi soddisfa in quel preciso momento ma che poi non riesce a riempire il buco nero che mi fa desiderare costantemente nuove storie e nuovi romanzi.
Ho avuto, mesi fa, un momento di crisi di lettura piuttosto forte. Normalmente ho una scaletta di lettura programmata e non faccio in tempo a finire un libro che so già quale sarà il prossimo. Quando mi sono trovata a fissare la libreria e a non avere voglia di leggere quello che avevo già, sono entrata nella classica crisi di chi non sa cosa leggere. A commento di un mio pietoso stato di Facebook, Virginia De Winter mi ha suggerito due romanzi che, secondo lei, oltre ad essere molto belli avrebbero potuto piacermi. Uno di questi era L'ospite di Sarah Waters.
Ora, non so come vi regolate voi, ma io certi romanzi proprio non riesco a leggerli in ebook. Forse è la mole, forse è perché non li conosco, il fatto è che se non li tengo in mano, se non tocco la carta, perdo totalmente interesse. Così ho cercato nel mio fidatissimo sistema di prestito bibliotecario e ho visto che lo avevano, purtroppo però solo in edizione cartonata.
Quello di Ponte Alle Grazie è un volume piuttosto corposo, un bel rilegato di 532 pagine (ma è appena uscita l'edizione economica TEA con una nuova grafica) che ricorda un po' i libri di anni fa, grossi, solidi, quei romanzi che non hanno la benché minima intenzione di essere letti in poche ore e non si preoccupano di intimorire il lettore. Un romanzo d'altri tempi, insomma, sia per l'aspetto che per il contenuto, un libro intramontabile che può resistere agli anni sullo scaffale senza risentire delle mode letterarie passeggere.
Proprio per questo, se pensate di poter iniziare L'ospite e bruciarlo in qualche giorno potete mettervi subito l'anima in pace perché è improbabile che si possa arrivare alla fine in tempi brevi. Io, che di solito leggo velocemente, ci ho messo dieci giorni a terminarlo perché mi è stato materialmente impossibile andare spedita o macinare decine di pagine al giorno. Non che la cosa mi abbia particolarmente turbata, ormai mi ero abituata a quel ritmo e devo dire che mi sono persino rilassata sapendo di non avere una sorta di scadenza o di limite temporale da rispettare.
Di sicuro L'ospite è un romanzo per chi ha pazienza, per chi non ha fretta, per chi non ha l'ansia di conoscere tutto e subito della trama perché se si cerca un romanzo da consumare in pochi giorni, allora è meglio girare alla larga da questo.
E' la storia stessa che stabilisce il ritmo di lettura, sono i personaggi che ti obbligano a proseguire alla loro velocità, è la trama che ti premia se arrivi fino in fondo e, lo ammetto, chiudere il romanzo sapendo di averlo seguito pagina per pagina e di averlo gradito sul serio, è stato un premio già di per sé.
Se devo essere onesta, non credevo di poter trovare un'intesa con questa storia; chissà perché pensavo fosse ambientato in un'altra epoca e chissà perché pensavo che l'elemento gotico fosse molto più marcato - i soliti errori in cui si incappa quando si apre un romanzo di cui non si conosce nemmeno la trama -, eppure sono entrata in sintonia quasi subito con la voce narrante e da quel momento ho lasciato che il libro scorresse a modo suo.
Nonostante, ora come ora, questo non sia il mio genere preferito, L'ospite mi è piaciuto parecchio; forse perché è stato un cambio radicale, una sorta di sforzo mentale, un riabituarsi ad una forma narrativa di un certo spessore, l'unica certezza che ho è che sono contenta di aver seguito il consiglio di Virginia e di aver scoperto un romanzo bello e ben scritto.
Perché se si può dire che la trama non è delle più appassionanti, di certo non si può trovare nulla di cui lamentarsi riguardo allo stile della Waters.
In sostanza il romanzo si svolge in un villaggio della campagna inglese, abitato da persone di bassa estrazione sociale e circondato da dimore nobiliari e dalle rispettive famiglie. Una di queste è Hundreds Hall dove vivono gli ultimi membri della famiglia Ayres: la madre e i due figli grandi. Tra tutte le case che ci sono, è Hundreds che esercita un fascino morboso e continuo sul dottor Faraday. Fin da quando era piccolo e sua madre ci lavorava come bambinaia, nella sua testa si era formata questa immagine leggendaria della casa e dei rispettivi abitanti, immagine che è andata ad ingrandirsi nel corso degli anni e che ha fatto radicare in Faraday la passione per la casa.
Quando il dottore incrocia la sua strada con la famiglia Ayres comincia quella che è la trama vera e propria del romanzo: molto lentamente l'autrice insinua piccoli elementi che vanno a costruire un senso di ansia, di pericolo che diventano sempre più ingombranti e intensi fino all'esplosione finale.
Certo, se pensate che tutto si limiti ad una storia di fantasmi, con apparizioni lugubri e una fine tanto banale quanto dozzinale, allora ricredetevi. Qui l'elemento horror è sottile, quasi psicologico, tanto che nella maggior parte dei casi mi sono ritrovata a sostenere la teoria razionale di Faraday a discapito di quella fantasiosa e orrorifica della famiglia Ayres.
Sarà vera la teoria del fantasma? Non ho la benché minima intenzione di dirvelo. Perché la risposta è semplice, lo svolgimento è semplice, ma tutto il resto è fantastico: la caratterizzazione e la psicologia dei personaggi, la costruzione dei periodi, la scelta dell'autrice di rimanere sul semplice e sul comune trasformandoli in qualcosa di speciale, di incredibile, di emozionante.
Purtroppo mi ero dimenticata come una storia che non aspira ad essere contorta o ricca d'azione, che non ha grandi personaggi e vicende fantasmagoriche, possa essere bella se scritta nel giusto modo.
Non so se leggerò mai altro di Sarah Waters, ma mi tengo segnato il suo nome se arriverà ancora quel momento in cui cambiare è l'unica scelta possibile per ritrovare il gusto della lettura.

2 commenti:

Debora ha detto...

Molti ne parlano bene come te che voglio assolutamente recuperarlo è un periodo che anche io sto bazzicando su generi diversi dai soliti e mi sta piacendo parecchio 😊

Miraphora ha detto...

@Lady Debora
Poi fammi sapere se lo hai letto!