Titolo originale The Crimson Petal and the White
Trama
Trama
Einaudi pag. 985 | € 16,00 |
Londra 1875.
Dall'esile candela della sua stanza nel bordello della terribile Mrs Castaway, Sugar, una prostituta di diciannove anni, la più desiderata in città, cerca la via per sottrarre il proprio corpo e l'anima al fango delle strade. Dai vicoli luridi e malfamati Michel Faber ci guida, seguendo la scalata di Sugar, fino allo splendore delle classi alte della società vittoriana, dove violiamo l'intimità di personaggi terribili e fragili, comunque indimenticabili.
Come Rackam, il giovane erede di una grande fortuna che diverrà l'amante di Sugar, e sua moglie, l'angelica e infelice Agnes.
Dall'esile candela della sua stanza nel bordello della terribile Mrs Castaway, Sugar, una prostituta di diciannove anni, la più desiderata in città, cerca la via per sottrarre il proprio corpo e l'anima al fango delle strade. Dai vicoli luridi e malfamati Michel Faber ci guida, seguendo la scalata di Sugar, fino allo splendore delle classi alte della società vittoriana, dove violiamo l'intimità di personaggi terribili e fragili, comunque indimenticabili.
Come Rackam, il giovane erede di una grande fortuna che diverrà l'amante di Sugar, e sua moglie, l'angelica e infelice Agnes.
Ci ho messo due mesi per leggerlo perché, insomma, quasi 1000
pagine non si macinano in una settimana se hai anche una vita, ma alla fine
-quando l'ho chiuso- ho provato una grandissima soddisfazione. Come quando sai
di aver portato a termine qualcosa che potevi benissimo abbandonare, se non ce
la facevi. Resistere ha dato i suoi frutti: Sugar è libera. Chiudere il romanzo
e sapere questo, sapere che un lieto fine -per quanto contorto- è arrivato ti
toglie un peso sullo stomaco. Sì, perché Faber è stato perversamente bravo nell'incuriosire il
lettore, nel blandirlo e nel convincerlo a prendere una posizione e a mantenerla
fino alla fine. Dopotutto è la storia di Sugar, gli altri sono solo di
contorno.
La prima pagina è quella decisiva. Lo stile, diretto e intimo con
il lettore, crea da solo fascino, curiosità e morbosità nel suo essere schietto, crudo e cattivo. Oh si, Faber non usa giri di parole: all'inizio cerca
di ammorbidire lo schifo che stai vedendo assieme a lui, ma man mano che la
storia procede e tu diventi uno spettatore fisso si lascia andare all'assoluta
franchezza. Che squallore, la Londra vittoriana, che degrado e quanta ipocrisia.
Quanto dolore nascosto che nessuno vuole mai mettere sotto la luce. Faber ci
convince a prendere le stradine secondarie, quelle che pure un ladro avrebbe
paura a prendere e ci porta da lei, da Sugar. Usa diversi mezzi, come William,
come le puttane sue colleghe, ma è lei che brilla. Eppure Sugar non è la classica eroina, la prostituta che aspira ad
una vita migliore, una vita sprecata come tante. Sugar è strana: alta e magra,
quasi mascolina o androgina, con una strana malattia della pelle che la rende
simile ad un rettile più che ad una cortigiana tutta pizzi e profumi, ed è piena
d'odio. Come biasimarla, visto che la sua stessa madre le ha imposto la
prostituzione come unico modo di vivere. Sugar però riversa il suo odio verso i
suoi clienti, uomini di ogni genere, di ogni classe e con ogni tipo di
perversione: nel suo romanzo/diario li uccide tutti, li tortura, li massacra e
ne gode immensamente. Insomma, Sugar non è certo una sempliciotta: sa di essere
più intelligente della media e per questo fiuta la sua occasione quando William
Rackam diventa suo cliente, suo unico benefattore.
William l'imbecille, odioso nella sua autocommiserazione e ancora
più odioso nel suo momento di gloria, pare che per Sugar sia la via verso la
salvezza, verso una probabile -ma non apertamente desiderata- vita normale. Ma
l'illusione muore di una morte violenta, e Sugar sparisce dalla scena quando
nemmeno te lo aspetti. Un minuto è lì e l'altro è sparita verso un futuro
-forse?- migliore.
E chi rimane? Rimani tu, il lettore, e rimane Faber, il narratore,
che non si fa tanti problemi a piantarti quando capisce che la storia è finita,
cosa volevi ancora compagnia?, se proprio ti accontenti c'è un misero William
che si piange addosso ma di lui nessuno vuole leggere e quindi il libro
finisce.
Finisce e tu rimani lì con il libro in mano a sorridere alla copertina, pensando che la puttana ha fregato tutti, alla fine. Per quanto venga schiacciata ogni volta, dalla madre, dai clienti, da Rackam, dalla società, dalla vita, Sugar non si arrende mai. Si lascia prendere dallo sconforto e a volte dalla disperazione ma, appena si rende conto che c'è una via d'uscita, non ha paura a prenderla e a fare di tutto per ottenere un briciolo di felicità. La cosa curiosa è che per tutto il romanzo Sugar non pensa nemmeno una volta ad avere una vita completamente indipendente, nemmeno quando William la riempie di denaro ha la tentazione di sparire dalla circolazione. Vuole sempre di più, e il suo errore è proprio questo: non capisce - ma d'altronde come potrebbe - quando di fronte a lei c'è solo una discesa. Tu, lettore, lo capisci ma non puoi fare proprio nulla se non essere uno spettatore passivo, che poi è proprio quello che Faber vuole.
Bello, corposo e intenso, a tratti impegnativo ma sempre, sempre, sempre coinvolgente fino all'ultima pagina. Non ha mai un momento di noia, di fermo, mai una scelta narrativa che stona, mai un personaggio o una parola fuori luogo e per un tomo di quasi 1000 pagine vuol dire perfezione.
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