21 settembre 2020

Kyung-Sook Shin
Io ci sarò

Titolo originale 어디선가 나를 찾는 전화벨이 울리고

Trama
Sellerio
pag. 336 | € 16,00

In una mattina innevata il telefono squilla a casa della scrittrice Jeong Yun. A chiamarla è un uomo che non sente da anni e a cui è stata molto legata, e le porta la notizia che il loro adorato professore degli anni universitari è in ospedale e sta per morire. In un istante la donna sente il passato che ritorna, le emozioni del periodo più profondo, traumatico ed eccitante della sua vita. Anni addietro tre studenti di Seoul avevano attraversato assieme uno dei momenti di maggiore travaglio politico della Corea. A mostrargli la strada è il professor Yun: durante le lezioni li incoraggia a rischiare, ad aprirsi al mondo, a proteggersi a vicenda nel cammino verso l’età adulta. Per affrontare le difficoltà di un’intera generazione si erano legati tra loro, scoprendo l’amore e l’amicizia, condividendo sogni e letture, promettendosi reciproco sostegno. I ragazzi diventano inseparabili, e il loro rapporto è intensissimo ed enigmatico allo stesso tempo. Ognuno lascia intravedere un’ombra che ne segna il carattere e l’esperienza. In loro si è insinuata una piega, una incrinatura che ne scuote la sensibilità. In queste ferite, non ancora profonde ma già dolorose, nasce un legame che sembra indissolubile. E quando quella mattina squilla il telefono, ogni gioia e passione, ogni ombra e turbamento, rivive ed accade di nuovo. Sono trascorsi otto anni dall’ultima volta che ha sentito il suo vecchio compagno, un fotografo che ha viaggiato per il mondo. Anche lei ha scoperto e realizzato la propria creatività e adesso, ascoltando quella voce, ciò che li univa d’improvviso riaffiora, nella luce bianca della neve che cade.
Perché ciò che amiamo non ci dà mai una gioia piena? E ciò che è triste è invece triste fino in fondo?

Commento
Bruciante, cocente delusione quella di comprare un romanzo al buio e scoprire che non piace per niente, che non c'è sintonia e che nemmeno con tutto l'impegno del mondo puoi arrivare alla sufficienza. Il mea culpa è obbligatorio, in questo caso, perché ho scelto Io ci sarò per un motivo triviale: autrice e ambientazione sudcoreana. Sì, la mia ossessione ha sconfinato nella letteratura e no, non demordo, perché di sicuro c'è là fuori un autore o un romanzo che saranno esattamente quello che ho bisogno di leggere, ma non è questo il caso.
La storia è quella di Yun, una giovane studentessa universitaria che sta lottando per superare la perdita della madre e per uscire da un tunnel di isolamento fisico e mentale che l'ha allontanata da tutto e da tutti. La sua strada si incrocerà con quella di Miru e Myeong (CONTROLLA NOME), due studenti del suo corso che a loro volta lottano con i loro problemi, e con quella di Dan, suo amico di infanzia. Yun è un personaggio ombroso, fatica ad uscire dal guscio e rifiuta la morte della madre come se non fosse mai accaduta. Spesso l'isolamento la riporta alla realtà, e sia che passi l'inverno in campagna dal padre, sia che stia rinchiusa nella sua stanza con le finestre oscurate, ciclicamente riemerge a prendere ossigeno. Così, nonostante stia ancora elaborando il lutto, Yun riprende in mano la sua vita, ritorna all'università e passa ore a camminare per Seoul. Il corso che le aprirà la mente è quella del professor Yun, un omino microscopino, magro, anziano, ma un vero genio della poesia che dedica ai suoi studenti non solo la sua conoscenza ma anche il suo tempo libero e il suo affetto. Il corso del professor Yun è la base sulla quale nasce l'amicizia tra Yun, Miru e Myeong. Miru è una ragazza ancora più chiusa di Yun, nasconde il suo viso e le mani piene di cicatrici e ha un passato traumatico che ha influenzato la sua vita. Myeong è un giovane apparentemente normale, non è un gran studente e dedica la maggior parte del suo tempo alle proteste studentesche contro il governo, ma quello che fa davvero è prendersi cura di Miru. Quando i tre cominciano a frequentarsi tra Yun e Myeong nasce un rapporto che avrà più bassi che alti, ma che li terrà uniti per tutto l'arco temporale coperto dal romanzo. Dan, invece, è un giovane artista che non sa bene cosa fare nella sua vita e pensa, erroneamente, che arruolandosi nell'esercito avrà lo stimolo giusto per trovare se stesso.
La vita di questi quattro ragazzi sembra essere una parata di tragedie, la gioia della gioventù e dell'amore sono nascoste da una sofferenza generalizzata, come se vivere fosse una scalata infinita verso una vetta che non ti porta nessuna felicità. Non aiuta che, oltre al carattere malinconico dei personaggi, gli eventi stessi siano tragici, dalla scoperta del segreto sulla sorella di Miru, al destino stupidamente tragico di Dan, dall'infinito tira e molla tra Yun e Myeong all'evento scatenante che apre e chiude il romanzo: la morte del professor Yun. In nessun momento di questo romanzo c'è gioia, nemmeno quella che nasce dalle piccole cose, nemmeno quella di una vita normale, ma non è questa mancanza di alti nella marea infinita di bassi ad avermi fatto dare un voto così basso.
Il vero problema del romanzo è la struttura temporale della narrazione. Tanto per cominciare non c'è una contestualizzazione storica, semplicemente si parla di un momento storico importante per la Corea ma non viene detto quale, né c'è un'introduzione dell'editore che avrebbe potuto dare delle linee guida per collocare la storia con più facilità. Non si parla mai del perché queste proteste fossero nate, né del perché fossero così importanti per Myeong o per il professor Yun, semplicemente ci sono, come se fossero uno sfondo comodo per dare una vaga spiegazione alle azioni dei personaggi. In più i salti temporali sono così tanti e così confusi che si fa fatica a capire quale sia un ricordo e quale semplicemente una narrazione al passato. Gli eventi importanti che avvengono durante il romanzo, ad esempio, sono inseriti a tradimento e si capisce solo alla fine quando sono accaduti. Il senso del tempo è inesistente e magari è anche una caratteristica del romanzo o dell'autrice, ma personalmente mi ha disturbata, ha rovinato la lettura e mi ha reso ostico leggere e seguire una storia già in partenza complicata.
Il fatto che il romanzo non mi sia piaciuto non significa, ovviamente, che sia orrendo, sono sicura che sia più che altro una questione di sensibilità personale e che io non sia riuscita ad entrare in sintonia con lo stile dell'autrice. Non c'è niente di male, sono solo un po' delusa perché avevo riposto delle aspettative piuttosto alte in questo libro. Ho ancora una possibilità per imparare ad apprezzare questa autrice, dopodiché chiuderò questo capitolo.

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