10 luglio 2017

Alessia Gazzola
Non è la fine del mondo

Trama
Feltrinelli | pag. 219 | € 15,00
Emma De Tessent. Eterna stagista, trentenne, carina, di buona famiglia, brillante negli studi, salda nei valori (quasi sempre). Residenza: Roma. Per il momento – ma solo per il momento – insieme alla madre, rea di aver chiamato le figlie (Emma e Arabella) come le protagoniste di un romanzo Regency nella convinzione che avere nomi romantici sarebbe stato un punto di forza per loro (per essere sfottute, senz’altro). Cosa non le piace: il chiasso. Le diete. La mondanità. Il rumore dell’aspirapolvere. La maleducazione. La sua idea di felicità: bufera con folate di vento ululanti. Una candela, un divano e un plaid. Un romanzo rosa un po’ spinto, rigorosamente ambientato in epoca Regency. Un pacco di biscotti – vanno tutti bene, purché basti guardarli per dichiarare guerra alle coronarie. Sogni proibiti: il villino con il glicine dove si rifugia sempre quando si sente giù. Un uomo che non può (non deve!) avere. Un contratto a tempo indeterminato. A salvarla dallo stereotipo della zitella, solo l’allergia ai gatti. Il giorno in cui la società di produzione cinematografica per cui lavora non le rinnova il contratto, Emma si sente davvero come una delle eroine romantiche dei suoi romanzi: sola, a lottare contro la sorte avversa e la fine del mondo. Avvilita e depressa, dopo molti colloqui fallimentari trova rifugio in un negozio di vestiti per bambini, dove finisce per essere presa come assistente. E così tutto cambia. Ma proprio quando si convince che la tempesta si sia allontanata, il passato torna a bussare alla sua porta: il mondo del cinema rivuole lei, la tenace stagista. Deve tornare a inseguire il suo sogno oppure restare dov’è, in quel piccolo paradiso di tulle e colori pastello? E perché il famoso scrittore che aveva a lungo cercato di convincere a cederle i diritti di trasposizione cinematografica per il suo romanzo si è infine deciso a farlo? E cosa vuole da lei quell’affascinante produttore che per qualche ragione continua a ronzare intorno al negozio dove lavora?
Commento
Onestamente? Per me è no.
A me la Gazzola piace tanto, sia per come scrive, sia per quello che scrive, sia per l'impressione che mi ha dato quando l'ho incontrata ad un firmacopie. Penso che sia un'autrice dolcissima, gentile e che sappia buttare sul ridere una quotidianità che le persone comuni vivono come deprimente e per niente divertente. Eppure, per quanto possa apprezzarla, questo romanzo è uno dei più mediocri che ho letto negli ultimi mesi. Non è brutto, non è scritto male, non è noioso, è semplicemente molto al di sotto delle aspettative, molto al di sotto di quello che la Gazzola scrive di solito, ed è un romanzo che lascia un senso di incompiuto piuttosto forte.
Per assurdo, la trama proposta nei vari store online riassume in modo preciso la trama, praticamente lasciando poco o nulla di nuovo da scoprire e niente che sia di grande impatto narrativo.
Il pregio di questo romanzo - perché comunque ne ha - è che è una lettura leggera, velocissima, uno di quei classici romanzi da vacanza che non impegnano e non possono nemmeno annoiare, visto quando sono brevi. Non mi piace usare la definizione lettura da ombrellone, eppure in un certo senso è così, perché ne rispecchia tutti i cliché. Forse ho sbagliato io, leggendolo aspettandomi chissà cosa, o forse non vado molto d'accordo con romanzi contemporanei che hanno durata breve e consistenza poco definita, perché non è la prima volta che questa categoria mi lascia molto delusa.
La storia, in base alla quarta di copertina, è quella di una giovane donna precaria a cui capitano una serie di sfighe e di avventure che trasformano il tragico in comico e in avventuroso. Insomma, per chi vive la schifezza dei lavori a tempo determinato questa storia è una specie di voler indorare la pillola, lasciando intendere che c'è sempre una seconda chance per tutti e che ogni cosa andrà a posto.
Emma è un soggetto interessante perché, a parte il lavoro traballante, è una persona nella media: non è la classica bellona, non è particolarmente dolce e arrendevole ma è brava nel suo lavoro ed è una persona che cerca di tenersi strette le sue cose, compreso il posto di lavoro. La dimostrazione che non importa quanto sei brava o fedele o volenterosa o professionale è il fatto che Emma viene eliminata dal budget aziendale, come molti poveri cristi ogni giorno nel mondo reale. Ma, essendo questo un romanzo, Emma - dopo l'obbligatorio mese di abbrutimento - si butta in una nuova avventura lavorativa in un negozio di abiti per bambini, facendo comunque colloqui per la sua specializzazione. Così si scorna con il Produttore della Waldau, una specie di squalo fascinoso cattivo come una iena ma molto molto bravo, uno di quei personaggi che puzzano di guru e che cadono in piedi in qualsiasi occasione e verso il quale Emma sente una certa affinità professionale e non solo.
Le schermaglie lavorative con il vecchio e il nuovo posto di lavoro sono palliducce e non diventano mai abbastanza importanti perché, per quanto gli intrighi lavorativi e i tira e molla con il Produttore possano essere divertenti, e per quanto il vecchio capo sia una specie di mostro tragicomico, la Gazzola cade sempre nel brutto vizio di troncare le scene sul più bello, dando per scontato che poi il lettore se le immagina e trae da solo le conclusioni. Onestamente? A me piace che le scene vengano sviscerate perciò questo svolazzare senza posarsi mai, questo stile etereo un po' filosofeggiante alla lunga mi ha snervata finché ho chiuso il romanzo e l'ho fissato come se mi avesse fatto un affronto personale.
L'unico elemento che, tutto sommato, a modo suo è piacevole è Emma anche se - battute divertenti e sfighe atomiche a parte - non decolla mai sul serio. Pur essendo protagonista e voce narrante, rimane sempre nel limbo della sfortunata comica e della speranzosa nuova mega manager, e non tira mai fuori la grinta perché una scena che sia una si chiuda con tutti i crismi. Tra i personaggi secondari il Produttore è interessante ma per niente indimenticabile e non è un grande interesse amoroso, visto che di romantico c'è pochissimo e si vede solo con la lente d'ingrandimento; mentre la madre del Produttore nonché proprietaria del negozio e il suo cane scoreggione sono due soggetti piacevoli da leggere ma, ancora una volta, non è abbastanza.
Niente è abbastanza per dare un voto alto a questo romanzo, e lo dico con molta tristezza perché puntavo su questo titolo per staccare da una serie di letture di genere opposto. Poi, per carità, si è fatto leggere con facilità ed è durato veramente pochissimo, quindi alla fine della fiera mi posso lamentare solo perché sono una rompipalle che non si accontenta mai e che quando sgancia dei soldi per comprare un libro si aspetta sempre il colpo di fulmine.
Spero che i due romanzi della serie Alice Allevi che mi rimangono da leggere sapranno risollevarmi il morale.

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