23 novembre 2017

J.K. Rowling
Buona vita a tutti

Titolo originale Very Good Lives: The Fringe Benefits of Failure and the Importance of Imagination

Trama
Salani | pag. 80 | € 10,00
Quando J.K. Rowling è stata invitata a tenere il discorso per la cerimonia di laurea di Harvard, ha deciso di parlare di due temi che le stanno molto a cuore: i benefici del fallimento e l’importanza dell’immaginazione. Avere il coraggio di fallire, ha detto, è fondamentale per una buona vita, proprio come ogni altro traguardo considerato di successo. Immaginare se stessi al posto degli altri, soprattutto dei meno fortunati, è una capacità unica dell’essere umano e va coltivata a ogni costo.Raccontando la propria esperienza e ponendo domande provocatorie, J.K. Rowling spiega cosa significa per lei vivere una ‘buona vita’. Un piccolo libro pieno di saggezza, umanità e senso dell’umorismo, ricco di ispirazione per chiunque si trovi a un punto di svolta della sua esistenza. Per imparare a osare e ad aprirsi alle opportunità della vita.



Commento
Questa settimana al lavoro è inaspettatamente arrivato Buona vita a tutti e ci ho messo qualche minuto a capire che non era un mio prenotato (perché figuriamoci!) ma che era invece arrivato in ben venti copie per la vendita. Per me questo è stato un momento importante perché vedere la Rowling nel mio negozio fuori dall'ambito di Harry Potter è un miracolo vero e proprio.
Certo, probabilmente per compensare questo unico arrivo gradito sarò costretta a maneggiare gialli di nicchia per i prossimi sei mesi, ma mi basta poterlo mettere in bella vista sul tavolo per sentirmi una vera libraia.
La mia gioia, però, ha avuto brevissima durata. Perché al di là del contenuto non mi aspettavo una tale povertà di contenuti.
Dal punto di vista estetico è un prodotto godurioso: l'edizione è bellissima e ben curata, con una bella copertina accattivante nella sua semplicità, una rilegatura seria e illustrazioni di vario genere, persino con un prezzo abbordabile, ma al di là dell'essenziale e della confezione ben fatta sembra quasi che in casa editrice si siano sforzati il minimo sindacale.
Siccome non è colpa di Salani, perché l'edizione originale è uguale, la mia è una critica a monte per il prodotto così com'è stato pensato. Perché se è vero che magari quelle dieci euro vanno in beneficenza, è anche vero che oltre al discorso vero e proprio, alle illustrazioni - che certe volte sembrano messe per allungare le pagine - e alla classica breve biografia finale sull'autore, non c'è altro.
Su 80 pagine, solo 43 facciate sono di discorso e nemmeno tutte sono a pagina intera. Alcune parti sono solo metà facciata, altre addirittura di meno, al punto che detto cattivo probabilmente ne occuperebbe meno di 30. Ma mi sta bene, è un discorso non un saggio vero e proprio, ed è naturale che sia nato per essere breve, ma l'editore, sapendo questo e avendo allungato le pagine con le illustrazioni e l'impaginazione, avrebbe potuto inserire almeno un'introduzione iniziale, qualcosa che aprisse e preparasse il lettore al discorso vero e proprio.
La sensazione che manchi qualcosa è forte, e nemmeno il discorso vero e proprio riesce a cancellare questa impressione. Naturalmente, se non si considera questo aspetto, il contenuto è meraviglioso.
Senza cadere nel cliché del discorso imponente e complesso, pieno zeppo di parole ricercate e concetti contorti, la Rowling lascia il segno attraverso l'ironia e l'umiltà, ridimensionando dolcemente le aspirazioni massime della società moderna: successo e talento a tutti i costi, la vergogna nel fallimento e il primeggiare come stile di vita.
Attraverso due esempi di vissuto, la Rowling cerca di far passare due concetti estrapolati dalla vita vera, quella che regala ben poche soddisfazioni e nella quale raramente il successo entra nella tua vita.
Il primo esempio, al contrario di quello che si potrebbe pensare, non è sul suo periodo di povertà che viene solo brevemente accennato; l'autrice parla del concetto di fallimento come uno strumento da sfruttare per imparare a conoscere i propri limiti e per trovare la forza in se stessi, invece di contare sugli altri. Fallire non è una bella cosa, ma può essere utile perché - secondo la Row - ti costringe a concentrarti sul qui e ora, tralasciando ciò che non serve e ciò che non è necessario.
Per me, che appartengo alla fascia di lavoratori a reddito basso, il concetto di fallimento è quasi un amico intimo, e ormai le sue incursioni improvvise nella mia quotidianità non sono più motivo di scoraggiamento. Come dice la Row, fallire non è la fine di tutto, è solo uno stop temporaneo che si può superare, e non è nemmeno necessario puntare al massimo per ottenere il massimo: la felicità non può dipendere dal conto in banca (anche se aiuta) o dal ruolo lavorativo. Le piccole cose, se ben fatte e ben riuscite, sono il successo più importante.
Il secondo esempio è quello dell'immaginazione intesa come capacità di immedesimarsi nelle vite degli altri, immaginare appunto com'è la loro vita, e provare a capire cosa provano e cosa pensano. L'empatia è chiaramente un concetto importante per la Row che non concepisce l'idea del non sentire almeno un minimo di trasporto emotivo nei confronti delle persone, al di là del fatto che stiano soffrendo oppure no. Come a dire che tutto il successo del mondo non serve a niente se non sai apprezzare la vita vera e se perdi contatto con le persone, a meno che non si voglia diventare un robot senza cuore macina denaro.
Io stimo questa donna, ha una mente brillante e stimolante ma riesce ad essere immediata, di facile comprensione, umana, e trasmette con una facilità sconcertante messaggi che hanno un peso notevole proprio perché riguardano l'essere umano medio. Non tutti sanno entrarti nel cervello come lei, e non tutti sanno farti sentire in pace con te stesso dicendoti che essere fallimentari, essere normali non equivale necessariamente ad essere invisibili o mediocri.
Insomma, dobbiamo essere tutti più rilassati, se si raggiunge la cima tanto meglio ma se si cade rovinosamente con tanto di contusioni, tagli e ossa rotte l'importante è non perdere di vista ciò che ci rende speciali, ciò che ci rende felici e ciò che siamo in grado di fare e sopportare.

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