5 giugno 2014

Kazuo Ishiguro
Non lasciarmi

Titolo originale Never Let Me Go

Trama
Einaudi ET
pag. 291 | € 12,00
Kathy, Tommy e Ruth vivono in un collegio, Hailsham, immerso nella campagna inglese. Non hanno genitori, ma non sono neppure orfani, e crescono insieme ai compagni, accuditi da un gruppo di tutori, che si occupano della loro educazione. Fin dalla più tenera età nasce fra i tre bambini una grande amicizia. La loro vita, voluta e programmata da un'autorità superiore nascosta, sarà accompagnata dalla musica dei sentimenti, dall'intimità più calda al distacco più violento. Una delle responsabili del collegio, che i bambini chiamano semplicemente Madame, si comporta in modo strano con i piccoli. Anche gli altri tutori hanno talvolta reazioni eccessive quando i bambini pongono domande apparentemente semplici. Cosa ne sarà di loro in futuro? Che cosa significano le parole "donatore" e "assistente"? E perché i loro disegni e le loro poesie, raccolti da Madame in un luogo misterioso, sono così importanti? Non lasciarmi è prima di tutto una grande storia d'amore. È anche un romanzo politico e visionario, dove viene messa in scena un'utopia al rovescio che non vorremmo mai vedere realizzata. È uno di quei libri che agiscono sul lettore come lenti d'ingrandimento: facendogli percepire in modo intenso la fragilità e la finitezza di qualunque vita.
Percorrevo le strade secondarie più buie che conoscevo, dove soltanto la luce dei nostri fanali disturbava l'oscurità. Di tanto in tanto incrociavamo delle altre auto, e avevamo la sensazione che appartenessero ad altri assistenti, che guidavano soli verso casa, o forse erano come me, con un donatore seduto accanto. Mi rendevo conto, naturalmente, che anche altre persone usavano questo tipo di strade; quella notte, però, mi sembrò che quelle cupe scorciatoie di campagna esistessero soltanto per quelli come noi, mentre le grandi autostrade luccicanti con le enormi insegne e i bellissimi autogrill fossero destinate a tutti gli altri.
Commento
Eccola, la batosta dell'anno. La delusione cocente che mi manda in depressione.
Ci ho messo anni - anni - a decidermi di leggere Non lasciarmi, mi sono vista anche il film. Ho riposto le mie più alte speranze in questo romanzo, per cosa? Per rimanere con il broncio a libro finito. Mi aspettavo IL romanzo dell'anno, del cuore, dell'anima. Il romanzo che si prende un pezzettino del cuore e lo occupa forever, che prende possesso di un ripiano della libreria e ti obbliga a riempirlo di romanzi simili a lui. Il romanzo che rimane, che si fa ricordare e che si rilegge volentieri.
Niente di tutto questo, per me, e questa cosa mi logora dentro.
C'è da dire che la materiale da sogno c'è, così come lo stile leggero ma d'impatto di Ishiguro scava un buco nella pancia del lettore. Tuttavia il mio io di lettrice non è riuscito ad entrare in sintonia con l'autore, non ha saputo apprezzare le sfumature, la tecnica narrativa, le ombre e i vedo non vedo creati dalle sue parole. La colpa non è di Ishiguro - lungi da me smontare il suo romanzo - e, tutto sommato, nemmeno mia. Semplicemente non ci siamo trovati e il miracolo non è avvenuto.
Per chi conosce il romanzo - visto che è un long seller di quelli potenti, iper presente nelle librerie e recensito a ripetzione - raccontare la trama è inutile ma, per chi ha girato al largo, è bene spendere qualche riga sull'idea di base. Non lasciarmi è un romanzo ucronico (o almeno così dice Wikipedia), ovvero un romanzo fantastico nel quale la storia contemporanea ha degli sviluppi diversi da quelli reali. Nel mondo creato da Ishiguro la società ha trovato un'unica e semplice soluzione alle gravi malattie dell'umanità: i trapianti di organi. Per soddisfare le richieste sempre più numerose è stato deciso di clonare degli esseri umani e allevarli al solo scopo di usarli come donatori, prelevando al momento giusto l'organo richiesto fino a che il soggetto conclude il ciclo e muore. Un allevamento di umani clonati, quindi, isolati dal mondo in finte scuole come Hailsham e volutamente ignorati dal resto della popolazione, preziosi solo per il loro valore ma privati fin da subito del futuro. Ragazzi creati per morire, come Kathy, Ruth e Tommy.
La voce narrante è quella di Kathy che ci accompagna per tutto il libro in una serie di flashbacks che ripercorrono la sua infanzia, l'adolescenza e l'età adulta passata tra Hailsham e i vari centri di riabilitazione. Con lei ci sono Ruth, amica/nemica, e Tommy. Grazie alla tecnica narrativa del flashback Ishiguro ha potuto presentare le varie fasi della vita dei ragazzi con un tono innocente, quasi ignorante, privo di qualsiasi consapevolezza nonostante fosse proprio la voce della Kathy odierna a raccontarci questi episodi. Con un tono leggero e malinconico Kathy espone momenti di vita quotidiana come i litigi tra amici, la scoperta dei sentimenti e la presa di coscienza della loro situazione, eppure non c'è il senso di fatalità e di tristezza che ci si aspetterebbe di leggere.
La morte non è in agguato ad ogni giro di pagina.
Tramite la protagonista Ishiguro punta sulla banalità e sulla normalità - nel suo mondo che tutto è tranne che normale - per colpire la coscienza del lettore: questi ragazzi sono esseri umani a prescindere dal motivo per cui sono venuti al mondo. Sono persone a tutti gli effetti, con pregi e difetti, con sogni e speranze ma che non combattono mai - e mai in modo concreto - il loro destino. Per loro la morte in giovane età è inevitabile ma non c'è risentimento, non c'è paura nell'affrontare le donazioni (anzi, in alcuni casi le aspettano come la liberazione dalla loro condizione) e mai, nemmeno per un secondo, l'autore vuole trasmettere un sentimento negativo, di disperazione e di terrore, eliminando le scene delle morti dei personaggi come se queste non avessero nessuna importanza. E forse è proprio così, la morte è l'unico futuro possibile ma non la si teme, non la si rifugge e non è degna nemmeno di essere descritta.
Sottile e leggero, ma inquietante e impegnativo, Non lasciarmi mi ha turbata proprio perché mi faceva nascere nella testa il bisogno di ribellione, di trovare sulle pagine una frase che trasmettesse speranza, voglia di vivere, voglia di cambiare, che non ho trovato e che mi ha impedito di lasciarmi trasportare dalla storia e dalle emozioni che suscita.
E' questo il senso del romanzo, forse? Accettare l'inevitabilità della morte come se fosse solo un momento come un'altro nella nostra vita? I personaggi del romanzo lo fanno e non si consumano nel terrore, godono dei momenti che hanno e non provano rimpianto: per loro la vita è in quel momento, non nel futuro.
La storia, l'idea di base, persino i tre personaggi sono perfetti e lo stile dell'autore racconta il romanzo esattamente come deve essere raccontato. Non c'è un solo errore, non c'è un solo passaggio che stona e rovina il ritmo e l'atmosfera, eppure per me non è scattata la scintilla.
Il flashback non è mio amico, non è un espediente narrativo che apprezzo perché crea confusione soprattutto quando si è costretti a interrompere spesso la lettura. Ho fatto fatica a riprendere il filo della narrazione e a ritrovarmi all'interno della scena: a volte c'era un flashback nel flashback e se non si sta attenti - molto molto attenti - si rischia di perdersi all'interno della storia.
Detto questo non voglio assolutamente criticare un romanzo che è - nonostante tutto - bellissimo, anche se non è stato da colpo al cuore. D'altronde ci sarà un motivo se nelle librerie questo libro è sempre messo in primo piano e se le persone continuano a parlarne.
Non badate a me e al mio commento, fidatevi solo di questo: Non lasciarmi merita di essere letto, anche se poi non sarà tra i nostri preferiti vi lascerà lo stesso un segno.

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