Trama
Longanesi pag. 350 | € 16,90 |
Giugno 1994. Roma sta per affrontare un'altra estate di turisti e afa quando ad Angelica viene offerta una via di fuga: la grande villa in campagna di suo nonno, a Borgo Gallico. Lì potrà riposarsi dagli studi di giurisprudenza. E potrà continuare a nascondersi. Perché a soli vent'anni Angelica è segnata dalla vita non soltanto nell'animo ma anche su tutto il corpo. Dopo l'incidente d'auto in cui sua madre è morta, Angelica infatti, pur essendo bellissima, è coperta da cicatrici. Per questo indossa sempre abiti lunghi e un cappello a tesa larga. Ma nessuno può nascondersi per sempre. A scoprirla sarà Tommaso, un ragazzo di Borgo Gallico che la incrocia per caso e che non riesce più a dimenticarla. Anche se non la può vedere bene, perché Tommaso ha una malattia degenerativa agli occhi e sono sempre più i giorni neri dei momenti di luce. Ma non importa, perché Tommaso ha una Polaroid, con cui può immortalare anche le cose che sul momento non vede, così da poterle riguardare quando recupera la vista. In quelle foto, Angelica è bellissima, senza cicatrici, e Tommaso se ne innamora. E con il suo amore e la sua allegria la coinvolge, nonostante le ritrosie. Ma proprio quando sembra che sia possibile non aspettare la notte, la notte li travolge...
Commento
In barba al mood natalizio, ho preso in mano questo romanzo la settimana di Natale.
Se avete letto tutti i romanzi di Valentina D'Urbano precedenti a questo (ma NON questo) so che la vostra espressione sarà di terrore misto a sorpresa. Cosa mi è passato per la testa a volermi fare del male proprio in quei giorni di festa e felicità? Non lo so. Forse volevo bilanciare lo spirito extra gioioso con una dose di angst che avrebbe tramortito persino Babbo Natale, forse volevo solo una sana dose di autolesionismo letterario e farmi un sacco di male, l'unica certezza assoluta è che lo volevo leggere e basta, non mi importava nemmeno di mettermi a piangere come una fontana alla Vigilia di Natale.
Ora, però, sgancio io la bomba. Questa non è una storia come le altre sue, non è cattiva cattiva. Che poi, parliamone, i suoi romanzi - persino Acquanera - non sono cattivi nel senso puro del termine, sono duri e non si nascondono quando c'è lo sporco da grattare via e non si risparmiano niente, ma sono romanzi meravigliosi, di quelli che ti rimangono dentro per anni.
Eppure Non aspettare la notte non è come gli altri. L'angst c'è, ma è quella bella. Si piange, sì, ma perché la storia ci emoziona. Si urla contro i personaggi ma poi si sorride, si soffre un po' - parecchio - ma non c'è quel sottofondo di totale disperazione che ho provato con gli altri romanzi.
Ammetto che non ci ho creduto fino alla fine. Per tutte e 350 le pagine ho aspettato la bastonata, avevo un occhio sulla pagina successiva perché avevo paura di proseguire. Mi dicevo adesso arriva, adesso arriva, preparati, e invece capitolo dopo capitolo il colpo al cuore tardava ad arrivare e ho cominciato a sperare. Vuoi vedere che questa volta non mi caverà il cuore dal petto? Vuoi vedere che forse NALN è diverso?
Ragazzi, è diverso. Prendetelo pure in mano a Natale, il giorno del vostro compleanno, in ferie, insomma quando dovreste essere più felici perché siete al sicuro.
La storia di Tommaso e Angelica si svolge tra la ormai sempre presente Roma e Borgo Gallico, un paesello microscopico toscano dove tutti si conoscono, non passa mai nessuno e le prospettive di lavoro e attività ricreative si possono contare sulle dita di una mano. Di Borgo Gallico è Tommaso, di famiglia a reddito basso, alto e ben piazzato, generalmente definito bello ma con una malattia degenerativa della vista che lo sta facendo diventare cieco. Di Roma è Angelica, figlia di un noto avvocato, di ottima famiglia, benestante da sfiorare la ricchezza ereditata dalle generazioni precedenti, bellissima ma con il corpo e il viso ricoperti da cicatrici che l'hanno sfigurata. Tra i due è Tommaso ad essere messo meno peggio. Affronta la sua condizione con una placidità zen, essendo ormai abituato da anni di vista offuscata e giornate di buio totale, ma sotto sotto non ha mai perso la speranza. Chissà forse un giorno può tornare normale.
Angelica, invece, non può certo scuoiarsi viva e farsi trapiantare la pelle. Così è e così rimane, tanto vale farsene una ragione. Però in pubblico non mette mai canottiere o maniche corte, usa i capelli per nascondere parte del viso, e ha un cappello nero a tesa larga come copertina di Linus che usa per nascondersi agli occhi degli altri.
Quante possibilità ci sono che questi due, diversi per carattere, città, estrazione sociale, si incontrino e si innamorino? Beh, una c'è, ed è durante l'estate quando la famiglia di Angelica decide di andare alla villa del nonno a Borgo Gallico.
Un cieco e una sfregiata, quasi sembra che si mettano assieme a posta. Invece no, perché Tommaso non permette alla sua condizione di obbligarlo ad accontentarsi, ad essere il cieco, ad autocommiserarsi. Non è che se non ci vede allora è mezzo scemo, e non è così immaturo da dare così tanta importanza alle cicatrici di Angelica. Per lui la bellezza sta altrove, anche se non è così ipocrita da non apprezzare la bellezza tradizionale del viso della ragazza. Nei limiti del suo possibile, Tommaso vive la sua vita con rassegnazione e praticità, senza soffocare del tutto la sua indole energica e appassionata.
Angelica, invece, si muove come un fantasma e rifugge gli sguardi delle persone e a me ad un certo punto ha messo addosso un nervoso tremendo. Non l'ho capita e alcuni suoi comportamenti mi sono sembrati stereotipati, come se essendo la ragazza problematica e sfigurata dovesse anche fare scelte assolutamente sbagliate (convinta del contrario) e condannare tutti ad anni di eterno dolore.
In questo romanzo, più che in tutti gli altri, ho trovato qualche punto traballante ma niente che facesse crollare la storia. In realtà proprio perché ai miei occhi è un po' sbavato ha più gusto: la prima parte è bellissima, è una storia d'amore dove il romanticismo non causa nausea e i personaggi ti entrano nel cuoricino; la seconda parte è un po' meno convincente e succedono cose che mi hanno fatto ribollire il sangue nelle vene, anche perché da lì si passa direttamente al finale troppo lieto rispetto agli standard di Valentina.
Naturalmente, dubbi e critiche a parte, non ce l'ho fatta a scendere sotto i cinque pallini. Per me questo romanzo è una versione meno spietata della D'Urbano che fa palpitare il cuore senza lasciarti agonizzante sul marciapiede della tangenziale in ora di punta. E' una storia d'amore fatta a modo suo ed è bella perché i personaggi non sono macchiette stereotipate, hanno una loro personalità che rende secondario l'aspetto puramente romantico: la storia è la loro, l'amore è il loro, ed è fatta come sono fatti loro, bellissimi e imperfetti.
Tra tutti i romanzi della D'Urbano questo è quello che mi ha fatto più sorridere, è il meno pesante pur essendo emozionante ed intenso, ed è anche il romanzo che ti lascia aperta la porta della speranza senza ucciderti alla fine. Non mi aspettavo un romanzo che riuscisse a mantenere lo stile della D'Urbano senza ripetere lo spirito oscuro dei titoli precedenti: è una storia a sé stante, non è frivola ma nemmeno pesante ed è riuscita ad unire i due estremi in modo perfetto.
Mi è piaciuto tanto, ma del resto i suoi romanzi sono tutti bellissimi, anche se credo che Tommaso mi rimarrà nel cuoricino di più e più a lungo di Angelica. Non chiedetemi perché, è così e basta.
La storia di Tommaso e Angelica si svolge tra la ormai sempre presente Roma e Borgo Gallico, un paesello microscopico toscano dove tutti si conoscono, non passa mai nessuno e le prospettive di lavoro e attività ricreative si possono contare sulle dita di una mano. Di Borgo Gallico è Tommaso, di famiglia a reddito basso, alto e ben piazzato, generalmente definito bello ma con una malattia degenerativa della vista che lo sta facendo diventare cieco. Di Roma è Angelica, figlia di un noto avvocato, di ottima famiglia, benestante da sfiorare la ricchezza ereditata dalle generazioni precedenti, bellissima ma con il corpo e il viso ricoperti da cicatrici che l'hanno sfigurata. Tra i due è Tommaso ad essere messo meno peggio. Affronta la sua condizione con una placidità zen, essendo ormai abituato da anni di vista offuscata e giornate di buio totale, ma sotto sotto non ha mai perso la speranza. Chissà forse un giorno può tornare normale.
Angelica, invece, non può certo scuoiarsi viva e farsi trapiantare la pelle. Così è e così rimane, tanto vale farsene una ragione. Però in pubblico non mette mai canottiere o maniche corte, usa i capelli per nascondere parte del viso, e ha un cappello nero a tesa larga come copertina di Linus che usa per nascondersi agli occhi degli altri.
Quante possibilità ci sono che questi due, diversi per carattere, città, estrazione sociale, si incontrino e si innamorino? Beh, una c'è, ed è durante l'estate quando la famiglia di Angelica decide di andare alla villa del nonno a Borgo Gallico.
Un cieco e una sfregiata, quasi sembra che si mettano assieme a posta. Invece no, perché Tommaso non permette alla sua condizione di obbligarlo ad accontentarsi, ad essere il cieco, ad autocommiserarsi. Non è che se non ci vede allora è mezzo scemo, e non è così immaturo da dare così tanta importanza alle cicatrici di Angelica. Per lui la bellezza sta altrove, anche se non è così ipocrita da non apprezzare la bellezza tradizionale del viso della ragazza. Nei limiti del suo possibile, Tommaso vive la sua vita con rassegnazione e praticità, senza soffocare del tutto la sua indole energica e appassionata.
Angelica, invece, si muove come un fantasma e rifugge gli sguardi delle persone e a me ad un certo punto ha messo addosso un nervoso tremendo. Non l'ho capita e alcuni suoi comportamenti mi sono sembrati stereotipati, come se essendo la ragazza problematica e sfigurata dovesse anche fare scelte assolutamente sbagliate (convinta del contrario) e condannare tutti ad anni di eterno dolore.
In questo romanzo, più che in tutti gli altri, ho trovato qualche punto traballante ma niente che facesse crollare la storia. In realtà proprio perché ai miei occhi è un po' sbavato ha più gusto: la prima parte è bellissima, è una storia d'amore dove il romanticismo non causa nausea e i personaggi ti entrano nel cuoricino; la seconda parte è un po' meno convincente e succedono cose che mi hanno fatto ribollire il sangue nelle vene, anche perché da lì si passa direttamente al finale troppo lieto rispetto agli standard di Valentina.
Naturalmente, dubbi e critiche a parte, non ce l'ho fatta a scendere sotto i cinque pallini. Per me questo romanzo è una versione meno spietata della D'Urbano che fa palpitare il cuore senza lasciarti agonizzante sul marciapiede della tangenziale in ora di punta. E' una storia d'amore fatta a modo suo ed è bella perché i personaggi non sono macchiette stereotipate, hanno una loro personalità che rende secondario l'aspetto puramente romantico: la storia è la loro, l'amore è il loro, ed è fatta come sono fatti loro, bellissimi e imperfetti.
Tra tutti i romanzi della D'Urbano questo è quello che mi ha fatto più sorridere, è il meno pesante pur essendo emozionante ed intenso, ed è anche il romanzo che ti lascia aperta la porta della speranza senza ucciderti alla fine. Non mi aspettavo un romanzo che riuscisse a mantenere lo stile della D'Urbano senza ripetere lo spirito oscuro dei titoli precedenti: è una storia a sé stante, non è frivola ma nemmeno pesante ed è riuscita ad unire i due estremi in modo perfetto.
Mi è piaciuto tanto, ma del resto i suoi romanzi sono tutti bellissimi, anche se credo che Tommaso mi rimarrà nel cuoricino di più e più a lungo di Angelica. Non chiedetemi perché, è così e basta.
2 commenti:
Il rumore dei tuoi passi mi ha lasciato del tutto indifferente, ma Tommaso e Angelica... OH, I MIEI FEELS!!! Che meraviglia meravigliosa ♥ Tanti tanti tanti awww per questo libro!!!
@Chiara
INDIFFERENTE? Mio Dio...io ho sofferto come un cane ç_ç
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