20 aprile 2015

Valentina D'Urbano
Acquanera

Trama
TEA | pag. 357 | € 10,00
È un mattino di pioggia gelida, che cade di traverso e taglia la faccia, quello in cui Fortuna torna a casa. Sono passati dieci anni dall'ultima volta, ma Roccachiara è rimasto uguale a un tempo: un paesino abbarbicato alle montagne e a precipizio su un lago, le cui acque sembrano inghiottire la luce del sole. Fortuna pensava di essere riuscita a scappare, di aver finalmente lasciato il passato alle spalle, spezzato i legami con ciò che resta della sua famiglia per rinascere a nuova vita, lontano. Ma nessun segreto può resistere all'erosione dell'acqua nera del lago. A richiamarla a Roccachiara è un ritrovamento, nel profondo del bosco, che potrebbe spiegare l'improvvisa scomparsa della sua migliore amica, Luce. O forse, a costringerla a quel ritorno è la forza invisibile che ha sempre unito la sua famiglia: tre generazioni di donne tenaci e coraggiose, ognuna a suo modo. E forse, questa volta, è giunta l'ora che Fortuna dipani i segreti nascosti nella storia della sua famiglia. Forse è ora che capisca qual è la natura di quella forza invisibile, per riuscire a darle un nome. Sperando che si chiami amore.
Sei coraggiosa perché mi vuoi bene, e a me non mi vuole bene quasi nessuno. E' facile amare quelli che sono amati da tutti. Essere amato ti rende bello. Ma per amare qualcosa che nessuno vuole, serve coraggio.
Commento
Valentina D'Urbano è masochismo puro. La leggo e soffro. Soffro e mi piace. E' una forma di masochismo letterario che mi ha colpita e che probabilmente non mi lascerà più. La prima volta non si scorda mai (Il rumore dei tuoi passi), ma la seconda ti tramortisce, ti fa sprofondare in un vortice di dipendenza letteraria difficile da trovare in altri autori.
Perché, si sa, certi romanzi - quando li leggi - non si limitano a farti evadere, alcuni vogliono e riescono a risucchiarti dentro di sé e a trasmetterti non solo la piacevolezza della storia ma anche un senso strisciante di disagio, un qualcosa che non si può definire e che ti rimane piantato nella pancia.
E' l'anima di un romanzo, che in qualche modo trova la strada per radicarsi nel lettore e se è vero che ogni romanzo ha un'anima allora quella di Acquanera è oscura, umida, buia, fredda. E' un'entità triste che vuole a tutti i costi toccare il lettore, come se fosse disperata di esprimere la sua natura e sciogliere quel grumo di delusione che la rende così nera.
Forse a leggere queste parole si potrà pensare che Acquanera è un romanzo cupo, quando nella realtà il sentimento più forte che mi ha suscitato è stato la tenerezza. Acquanera è oscuro ma affettuoso, è triste ma allo stesso tempo brama l'amore del lettore, è freddo ma di quella freddezza causata dall'immobilità, che cambia in un attimo appena lo si lascia decantare nella mente.
Così, se all'apparenza il romanzo sembra uscire dalla nebbia umida di un'ambientazione quasi gotica, appena ci si immerge si scoprono personaggi semplici nella loro umanità ma assolutamente fuori dai canoni, troppo particolari - o speciali - per poter passare come banali donne.
La storia si apre con Fortuna, la protagonista, che torna nel suo paese natale con rassegnazione, convinta di avere ancora libera la sua via di fuga ma consapevole che una volta che il lago ti chiama non puoi fare altro che rispondere. Fredda verso Roccachiara, verso il lago, verso quelle persone che per i primi anni della sua vita l'hanno esclusa e trascurata, Fortuna racchiude in sé lo spirito del romanzo e incarna le storie delle sue antenate e della sua terra, di quel lago che sembra comandare ogni cosa, viva e morta.
[...] nella valle era la presenza del lago a scandire il tempo e le stagioni, le morti e le nascite. Il lago apparteneva a tutti e tutti gli appartenevano.
Fortuna, che è all'inizio solo voce narrante, decide di mettersi da parte e - quasi con fatalità - ripercorre il passato delle donne della sua vita per riuscire a spiegare il suo, di passato, e per chiudere il cerchio che l'ha rinchiusa in una vita che le stava troppo stretta e che non le regalava alcuna gioia.
Tornare indietro nel tempo è, per lei, un modo per esorcizzare ricordi, sentimenti, paure, tutto ciò che l'ha sempre legata al suo paese e che non l'ha mai lasciata libera. Perché lontano dagli occhi non è per forza lontano dal cuore.
Ad ogni generazione, con modalità diverse perché ognuna delle donne ha qualcosa che la rende speciale, si ripete la stessa identica cosa: è la maledizione del lago che striscia nelle loro vene. Elsa e l'acqua, Onda e gli spettri e Fortuna che rimane sigillata per buona parte della sua vita ma che racchiude in sé più forza e più costanza di tutte le sue antenate messe insieme.
Fortuna è il personaggio che trasporta il lettore in una storia di amori mancati: quello della madre Onda, troppo eterea e ultraterrena anche solo per abbracciarla; quello della nonna Elsa, l'unica figura materna che abbia mai conosciuto, e quello di Luce, il primo amore disinteressato, vero, genuino che Fortuna abbia mai provato. Anche se fatto di alti e bassi, Luce e Fortuna costruiscono un rapporto fortissimo: si capiscono senza parole, basta la presenza di una per confortare l'altra, perché hanno sperimentato le stesse delusioni, le stesse paure, gli stessi sentimenti.
Come la D'Urbano sa fare, l'amicizia di Fortuna e Luce assume toni morbosi e inquietanti un momento, e poi quello dopo diventa pura e innocente, sempre raccontata con quel suo modo di fare brutale che segna il lettore. Parole e paure semplici, sentimenti comuni ma emozioni lontane da ogni aspettativa: scorrono potenti nel romanzo come la gelida acqua del lago e scavano a fondo.
Il romanzo è molto bello, molto intenso, molto crudo - e a volte crudele - e coinvolge in un modo tutto suo. Non ha una trama ricca, non succede niente di straordinario, non ci sono storie epiche da raccontare, eppure ciò che trasmette prende possesso della mente del lettore e pretende attenzione.
E', per me, una conferma della bravura dell'autrice. Il rumore dei tuoi passi è una storia che non può che essere distruttiva e bellissima, ma Acquanera lascia un segno diverso, entra nel cuore silenziosamente e ci rimane radicato.

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