23 gennaio 2017

Sarah J. Maas
A Court of Thorns and Roses

Serie A Court of Thorns and Roses 1

Trama
Bloomsbury
pag. 448 | € 10,49
When nineteen-year-old huntress Feyre kills a wolf in the woods, a beast-like creature arrives to demand retribution for it. Dragged to a treacherous magical land she only knows about from legends, Feyre discovers that her captor is not an animal, but Tamlin—one of the lethal, immortal faeries who once ruled their world. As she dwells on his estate, her feelings for Tamlin transform from icy hostility into a fiery passion that burns through every lie and warning she's been told about the beautiful, dangerous world of the Fae. But an ancient, wicked shadow grows over the faerie lands, and Feyre must find a way to stop it...or doom Tamlin—and his world—forever.
I was unburdened as a piece of dandelion fluff, and he was the wind that stirred me about the world.

Commento

Prima di cominciare a sbrodolare su questo romanzo devo fare una lunga premessa.
Se seguite qualche account bookstagram su Instagram (è la mia nuova ossessione), sicuramente avrete visto uno dei tanti romanzi di Sarah J. Maas protagonista di foto meravigliose. In più, molte blogger italiane hanno diffuso questa serie (e pure l'altra) dando voti altissimi, innalzando l'hype a livelli stratosferici. Insomma, la curiosità per questa autrice mi stava per consumare e ho persino pensato di prendere il primo titolo della serie Throne of Glass, pubblicata in Italia da Mondadori.
Ma, siccome di fronte a delle belle copertine sono una debole, ho deciso di provare a leggerla in lingua originale tanto - male che vada - avrei sempre potuto proseguire in italiano, e ho approfittato del mio week-end a Londra per scatenarmi da Waterstones, dove sono entrata con l'intenzione di comprare almeno uno dei suoi romanzi.
Io amo i paperbacks, in particolare quelli con le copertine vellutate e i rilievi, e se sono belle da morire come questa la mia resistenza è pari a zero. Sono uscita dalla libreria con A Court of Thornes and Roses felice come una Pasqua. Tornata a casa l'ho messo nella pila dei TBR e ho cercato di convincermi che prima avrei dovuto leggere i romanzi in attesa da mesi, ma ovviamente non sono stata in grado di mantenere il programma.
Quando ho preso in mano ACOTAR (la goduria, nel poter finalmente pronunciare l'acronimo) avevo una più che legittima paura che 1. la storia non mi piacesse per niente 2. che l'inglese della Maas non fosse alla mia portata e 3. che lo stile semplicemente non mi toccasse.
Squillino le trombe e cantino i puttini perché ho adorato ACOTAR.
Mi sono bastati pochi capitoli per capire che avrei letto il romanzo senza grandi difficoltà (alcuni termini ho dovuto cercarli, ma a lungo andare li ho assimilati) e che la voce narrante non mi avrebbe fatto rimpiangere di aver comprato il libro al buio.
Per quanto riguarda il genere, invece, ammetto di aver continuato a tremare perché ho scoperto che ACOTAR è - per una parte - un retelling di La Bella e la Bestia storia che, se proprio devo essere sincera, non mi ha mai fatta impazzire. Se a questo aggiungiamo il fatto che il romanzo è un fantasy con una grossa componente fairy (che io non apprezzo in modo particolare) è chiaro che il rischio di trovare il romanzo noioso o semplicemente non nelle mie corde era molto alto. Molto.
Ma no, questo primo titolo della serie mi è piaciuto tutto, ma tutto tutto tutto in ogni suo minimo particolare, in ogni suo aspetto, tutto dall'inizio alla fine.
La cosa che in assoluto mi è piaciuta di più è stata l'aria cupa che si respira durante la lettura. Anche se ACOTAR è definito come fantasy YA, l'impressione generale che se ne ricava è quasi di un fantasy per adulti. Lo stile stesso dell'autrice, la costruzione dei periodi, la scelta del lessico e la struttura della storia sono piacevolmente oscuri, tanto che - secondo me - il punto di forza del romanzo è proprio questa sua adattabilità. Per un target YA è un libro serio, mentre per un pubblico più maturo o navigato non è uno di quei romanzi tutto cliché e banalità, con zero darkness e solo epiloghi dalla risoluzione troppo facile.
La seconda cosa che mi ha convinta, che poi è stata quella decisiva per me, è la complessità della storia. Se è vero che l'ispirazione era il retelling di La Bella e la Bestia, questo spunto viene sviluppato fino ad un certo punto e poi la narrazione prende il volo, si emancipa da quello schema e diventa tutt'altro, e quando arrivi alla fine è come se avessi letto non uno, ma due romanzi.
Una solidità simile, in un romanzo, è frutto di una certa preparazione (la Maas è laureata in scrittura creativa) e di una costruzione minuziosa e attenta della trama. Non ci sono troncature o salti che ti lasciano confusa, tutto fila liscio in una continuità fluida e perfetta, dove la transizione dalla prima alla seconda parte del romanzo tentenna solo per un attimo e poi riparte con grinta.
E qui mi tocca spendere qualche riga sulla trama, prima di passare ai personaggi. La prima parte, quella che richiama La Bella e la Bestia, è molto bella, una sorta di favola oscura e sensuale che si prende tutto il suo tempo per dare solidità all'elemento portante della seconda parte. La Maas riesce a ricreare uno sfondo incredibilmente realistico sul quale far muovere i suoi personaggi e senza il quale l'inizio del romanzo non avrebbe la stessa potenza evocativa. Vogliamo parlare della scena iniziale della caccia? Sbrodolo.
La seconda parte, invece, è quella più dark e apertamente violenta, quella dove scorre sangue e disperazione in parti uguale e dove emergono aspetti - e personaggi - che ribaltano tutto, comprese le nostre viscere e i nostri cuoricini. E' qui che emerge il lato fatato del libro, ed è sempre qui che ACOTAR sviluppa un'identità precisa: è un fantasy oscuro, popolato da fairies cattivi e sadici, dove la protagonista subisce continuamente una batosta dietro l'altra e dove gli eventi procedono con una logica forte fino alla fine.
Ora, raccontare un romanzo del genere senza fare spoiler non è tra le mie capacità e, onestamente, credo che una storia come questa meriti di essere scoperta durante la lettura, ma  per forza di cose un paio di spoiler mi scivoleranno tra le dita.
Il primo riguarda la parte iniziale del romanzo e quell'elemento portante di cui parlavo prima. La Bella traslata è, ovviamente, Feyre, ma è una versione dark, piuttosto chiusa ma non mascolina, una ragazza che si è adattata alle condizioni estreme in cui vive per tirare avanti. Non c'è capriccio in lei, né arroganza, ma un tumulto di frustrazione, paura e fragilità che la rendono estremamente facile da apprezzare. Bella forse lo è, sotto lo strano di sporco e i capelli arruffati, ma è più di tutto una tosta, una che fa quello che deve e si sporca le mani perché è quello che serve per vivere. Feyre è una voce narrante secca, per niente timida, e per questo non è ritrosa mai, con nessuno, e non finge di essere ciò che non è.
La Bestia è Tamlin, uno dei più potenti signori fairy, che rivendica la vita di Feyre e la porta con sé oltre la barriera che divide gli umani dai fairies. Tamlin è un personaggio strano, che ci ha messo il suo bel tempo ad entrare nelle mie grazie e, una volta fatto, mi ha costretta ad oscillare tra infatuazione e tenerezza. La prima parte è la sua, è lui il protagonista e tutto ciò che lo circonda, tanto che Feyre stessa cambia la sua percezione dei fairies e del loro mondo in base alla sua strana relazione con Tamlin. Ci sono alcune scene molto sensuali nonostante non accada praticamente nulla di carnale (anche se quel morso...) ed è questo che mi ha convinta: l'attrazione e il sentimento si sviluppano in un arco temporale molto lungo e attraverso momenti che non permettono alla volgare sessualità di prendersi spazio e attenzione. E' tutto molto elegante e sottile e lo stesso spirito si ripeterà nella seconda parte, ma in modo molto diverso.
L'elemento portante è, come si può immaginare, l'amore tra Feyre e Tamlin. Tralasciando tutto quello che si scopre più avanti e che aggiunge un sapore di fatalità, il loro legame deve essere abbastanza forte perché tutto quello che succede regga: Feyre non è una sciocca, non è un personaggio che agisce seguendo capricci del momento o sensazioni fugaci, se decide di tornare da Tamlin e di lasciarsi indietro tutto è perché l'amore che prova per lui è così forte da darle la forza per compiere determinate scelte e sopportare determinate prove.
Se questa relazione e i loro sentimenti non fossero stati credibili e ben sviluppati, la seconda parte del romanzo sarebbe crollata su se stessa. Invece Feyre resiste perché quello che la sostiene è solido, perché rispecchia la sua personalità.
E ora la seconda parte, quella che mi è piaciuta tanto tanto tanto.
Svolgendosi alla corte di Amarantha (Under the Mountain), la bitch assoluta che controlla tutti gli High Lords delle corti, è chiaro che non c'è molto spazio alla spensieratezza. Dicevo che era un fantasy oscuro? Bene questa ne è la prova: sangue, morte, torture, dolori di vario genere e natura, alleati strani e affascinanti, prove di astuzia e di forza che Feyre non potrebbe superare da sola e un finale che santo cielo mi ha lasciata sulle spine fino all'ultima pagina.
In tutta questa oscurità spiccano due personaggi: ovviamente Amarantha, la bitch assoluta, sadica, creepy e pazza da legare, e Rhysand. Ora, mi prendo un attimo per Rhysand perché io credo di adorarlo. Nel senso che Tamlin levate io voglio lui. Nel senso che è oscuro, cattivo ma non solo, ha un lato buono - a modo suo - ed è estremamente furbo, astuto, intelligente, un personaggio che si insinua nella trama della storia e si prende con la forza e con la furbizia il suo spazio e determina l'esito dello scontro finale. Senza di lui Feyre non potrebbe niente e, secondo me, nel corso della storia smette di odiarlo in modo così cieco e assoluto e impara a vedere che al di là della sua oscurità c'è qualcosa che li rende simili. Insomma, io sto dalla parte di Rhysand e basta. Va bene che Tamlin è Tamlin ma io non resisto di fronte ad un personaggio così.
Nonostante io legga spesso in inglese e vanti una certa fluency comprensiva, la Maas non è facilissima da leggere. Ci vuole pazienza e bisogna prestare attenzione a determinate parole che non sono di uso comune (nei romanzi che leggo io, per lo meno), quindi questa serie non è per principianti. Purtroppo. La cosa positiva, se volete buttarvi con questo primo titolo della serie è che ACOTAR ha un finale concluso e si può leggere tranquillamente da solo senza proseguire. Certo, si capisce che deve succedere qualcosa e che la storia prosegue, ma si può benissimo evitare se uno non vuole.
Sono molto ma molto contenta di aver comprato ACOTAR senza averne letto nemmeno la trama. Normalmente un esperimento del genere avrebbe come unico risultato una lettura orribile orrenda, ma con la Maas mi sono proprio goduta l'esperienza. Anzi, sono talmente in fissa che sto accarezzando ACOMAF persino mentre mi faccio violenza per non iniziarlo a leggere, e sto monitorando su Bookdepository l'oscillazione del prezzo di ACOWAR in paperback per piazzare un bel pre-order prima della sua uscita a Maggio.
Se devo proprio essere sincera fino in fondo, ho messo in whishlist anche la serie Throne of Glass in edizione originale, perché a questo punto credo che li vorrò tutti morbidini e in lingua, così risparmio pure.

1 commento:

The Library of Belle ha detto...

Bella recensione! Mi chiedo se verrà mai tradotto da noi!!!
Nel frattempo mi conviene ripassare la lingua e dedicarmi alla sua lettura!