9 gennaio 2017

Charles Dickens
Grandi Speranze

Titolo originale Great Expectations

Trama
Newton & Compton
pag. 380 | € 6,00
Pip vive in un piccolo villaggio alla foce del Tamigi, maltrattato dalla sorella, che lo alleva, e protetto da Joe, il marito. La sua infanzia di fervida e inquieta immaginazione viene sconvolta dall’irruzione di due adulti: il criminale Magwitch, che il bambino aiuta a fuggire, e la bizzarra e ricca Miss Havisham, che di lui fa l’oggetto del proprio ambiguo favore. Esaltato a “grandi speranze” dalla ricchezza che la vecchia signora sembra destinargli, il giovane rompe i legami d’affetto con il villaggio per recarsi a Londra, invaghito della fredda e sprezzante Estella, che insegue nella vita mondana aristocratica della capitale, e al tempo stesso fatalmente attratto dalla city borghese e dalle propaggini più inquietanti della città: il kafkiano mondo legale delle Inns of Court, le carceri di Newgate e le limacciose sponde del Tamigi. Narratore e protagonista, Pip ripercorre in queste pagine, con voce meditativa, ma vibrante di humour e di passione, il suo cammino di conoscenza e disillusione, facendo i conti con la propria protratta cecità di fronte ai casi della vita.
Il cielo sa che non dovremmo mai vergognarci delle nostre lacrime, perché sono pioggia sulla polvere accecante della terra che ricopre i nostri cuori induriti.

Commento
E' altamente diffusa, tra i lettori, la presenza di una mania legata ai libri o alla lettura, un'abitudine compulsiva irrazionale che queste anime in pena devono mettere in atto, pena una continua crisi fino a che non si può ristabilire l'ordine.
L'unica vera mania che ho sviluppato nel corso degli anni e che peggiora e migliora a fasi alterne, è quella di non riuscire a tollerare di fermare la lettura in corso a metà capitolo. Io devo, devo devo devo, mettere in pausa la lettura solo a capitolo finito. A volte mi capita di dover chiudere un libro perché devo scendere dal treno, o dalla metro, perché devo camminare e attraversare la strada e non ho più l'occasione di terminare il capitolo fino alla sera.
Quando succede vado in paranoia: il pensiero fisso del capitolo lasciato in sospeso mi accompagna per ore, non mi esce dalla testa ed è la cosa che mi disturba di più in assoluto. Con Grandi Speranze mi è capitata questa sciagura, ma il più delle volte potevo controllare la lettura chiudendo il libro a capitolo finito; ma l'apoteosi della perfezione l'ho raggiunta alla conclusione del romanzo, quando all'ultima pagina il treno si stava fermando alla mia stazione, quando ho letto l'ultima parola mentre si aprivano le porte, quando ho definitivamente chiuso il libro al primo passo per tornare a casa. La perfezione.
A parte questa fissazione sono una persona piuttosto banale, non ho grandi manie e non ho tendenze ossessivo compulsive nell'ambito della lettura. Per intenderci, sono una di quelle persone che strapazza i libri, sottolinea e fa le orecchie (in mancanza di post-it) e non si strappa i capelli se un libro si rovina. Cioè, sì, i miei libri mi piacciono ordinati ma non divento matta se hanno un'aria vissuta, consumata, quell'aria che secondo me i libri devono avere, soprattutto i classici.
I classici per me devono avere la costa rotta, le pagine spiegazzate, la copertina consumata, devono portare i segni del nostro amore e della nostra fatica (a volte). Devono rispecchiare un'esperienza.
Io i classici li maltratto perché li amo, se ne ho letto uno che ha l'aria di essere appena stato stampato è un romanzo che non ho adorato, mentre un classico che sembra essere passato da una generazione all'altra è nel mio cuoricino.
Grandi Speranze è sulla buona strada per essere definito usato dal lettore medio, e ne sono particolarmente fiera.
Ho comprato questa edizione Newton & Compton - che mi pare non stampino più - ormai qualche anno fa, sulla scia dell'esaltazione mistica provocata dallo sceneggiato BBC del 2011. Ci ho messo tanto tempo per decidermi a leggerlo e sono estremamente contenta di averlo eletto a lettura natalizia del 2016. Era ormai arrivato il momento, per me, di cancellare la vergogna di non aver mai letto nulla di Dickens (A Christmas Carol per me non conta), e capire se questo autore così famoso e apprezzato potesse entrare prepotentemente nella mia collezione di letteratura inglese.
La risposta è sì, sicuramente leggerò altro di Charles Dickens e non avrò paura di ingarbugliarmi e bloccarmi, perché posso dire che il suo stile è molto accessibile, a tratti spassoso, a tratti poetico, e in generale talmente carismatico che è impossibile rimanerne indifferenti.
Grandi Speranze è la storia di Pip, un piccolo orfano cresciuto - o meglio - tirato su con le mani dalla sorella e dallo zio Joe, fabbro di un piccolo villaggio poco lontano da Londra. La famiglia di Pip non è per niente benestante, ma nemmeno povera, eppure per lui la vita non fila liscia: la sorella lo disprezza, lo investe della colpa di averle rovinato la vita - pur non avendo figli - di essere stupido, inutile, una creatura che, nonostante le continue botte, non ne vuole sapere di essere come vuole lei.
Pip è già disilluso dalla vita, non si aspetta niente e il suo unico desiderio è diventare apprendista di Joe. Piccoli progetti per Pip, progetti che vengono spazzati via in un soffio nel momento in cui viene strappato dalla sua realtà e piazzato in bilico tra due mondi: quello dei ricchi da una parte e il suo dall'altra.
Non ho la benché minima intenzione di sprecare parole per raccontare la trama, se non la conoscete - come fate a non conoscerla?! - suggerisco di spararvi un film, uno sceneggiato della BBC o di leggervi il libro, perché quello a cui voglio dare spazio è altro.
Questo romanzo è la storia di Pip, una persona umile, senza grilli per la testa, e di come l'illusione di grandi aspettative, di grandi mezzi e di un futuro di successo possano trasformare la sua natura. Pip è un personaggio che suscita una serie di emozioni diverse e riesce a tornare nelle nostre grazie nel momento esatto in cui la sua realtà si sfascia, perché sebbene tutti noi sappiamo come siano le cose e lui no, la rovinosa caduta del povero Pip e la presa di coscienza di come stanno realmente le cose è talmente triste che non si può provare un minimo di compassione.
E' come se Dickens avesse deciso di usare Pip e la sua storia come esempio per chi cerca di vivere sopra le proprie possibilità, un monito per far capire come stare con i piedi ben saldi a terra e la testa sulle spalle sia l'unico modo per vivere una vita dignitosa, anche se con mezzi ridotti. Perché dopotutto Pip non ha saputo gestire la sua fortuna e non ha saputo sfruttare la sua esperienza passata per assicurarsi un futuro sereno, se pur non sfavillante e ricco.
Però come si può biasimare un giovane ragazzo accecato dall'amore, dalla promessa di una bella vita e di un ruolo di successo nella società, quando tutti gli indizi sostengono la sua tesi?
Personaggi importanti entrano ed escono dalla vita di Pip e tutti lasciano un segno nella sua storia: da Joe, il generoso e gentile amico, a Miss Havisham, strana creatura che si nutre di odio e vendetta, a Estella, l'amore di Pip, a Mr. Jaggers e Mr. Wemmick e Herbert, gli unici veri amici che Pip abbia mai avuto nella sua nuova vita, sono tutti personaggi che servono ad uno scopo, che indicano a Pip la via nei momenti in cui ne ha più bisogno. E che dire del suo vero benefattore, un povero cristo che ha passato tutta la vita in carcere o deportato, un'anima che è perfettamente consapevole delle sue possibilità e dei suoi limiti e che decide di coltivare il bene - come lo intende lui - attraverso Pip. E' forse la vera vittima di tutto il romanzo, rifiutato da tutti, disprezzato da tutti, è solo con la sua morte che Pip finalmente si rende conto di cosa è meglio fare.
Insomma, succedono molte cose in questa storia ed è impossibile racchiudere la ricchezza della trama e dei personaggi in poche righe, del resto non ne sarei nemmeno in grado, ed è stato bellissimo ritrovare nel romanzo quello che mi ricordavo dallo sceneggiato BBC. Io suggerisco caldamente di tentare di leggerlo, perché lo stile brillante di Dickens è una scoperta che vale la pena di sperimentare, anche se la storia poi non è nelle vostre corde. 
Ora metterò da parte Grandi Speranze, che mi ha fatto compagnia nel mese più duro dell'anno, e metterò in lista almeno un altro romanzo di Dickens, accetto suggerimenti anche se sono tremendamente attirata da Le due città (colpa di Cassandra Clare).
Intanto la mia libreria di classici si arricchisce e io ne sono felicissima.

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