31 agosto 2015

Colleen Hoover
Tutto ciò che sappiamo di noi due

Serie Slammed 2
Titolo originale Point of Retreat

Trama
Fabbri | pag. 284 | € 15,90
La poesia ha insegnato a Will e Layken ad amarsi, per stare insieme hanno dovuto superare ostacoli che sembravano insormontabili, hanno dimostrato al mondo che quando si è uniti si può affrontare ogni difficoltà e riemergere più forti e determinati di prima. La vita li ha messi di fronte a enormi responsabilità: sono giovanissimi, ma devono prendersi cura dei fratellini, cercando allo stesso tempo di ritagliarsi un piccolo spazio dedicato soltanto a loro due. Ma un giorno, all’improvviso, il passato di Will torna a bussare alla porta, e lui, per non turbare il difficile idillio con Layken, decide di tenerla all’oscuro di tutto. Ma lei lo scoprirà lo stesso, e sarà costretta a chiedersi su cosa si fonda davvero il loro rapporto, arrivando addirittura a mettere in dubbio la sincerità dei sentimenti di Will. La loro storia è a rischio, devono decidere se lottare per un futuro insieme o se rassegnarsi a stare lontani. Fin dove sarà disposto a spingersi Will per dimostrare a Layken che il suo amore durerà per sempre? La sua risposta cambierà non solo la loro vita, ma quella di tutte le persone che li circondano.
Se fossi un falegname, costruirei una finestra sulla mia anima. Ma la lascerei chiusa a chiave, così se provassi a guardare dentro, vedresti solo il tuo riflesso. E vedresti che la mia anima non è altro che il riflesso di te. 

Commento
***spoilers***
Nel momento in cui sto scrivendo il commento ho finito di leggere il romanzo da ormai una settimana e sono in procinto di andare via per le vacanze. Ho dovuto per forza aspettare perché ero senza computer e senza internet, e scrivere un commento dall'applicazione di Blogger è un suicidio per l'ispirazione. Così ho approfittato della pausa per metabolizzare - e superare - la lettura di TCCSDND, ovvero Tutto ciò che sappiamo di noi due.
Ora, gli editori la devono finire di tradurre titoli brevi (Point of Retreat) con frasi lunghe, difficili da ricordare e da distinguere dagli altri titoli della serie. E' la cosa in assoluto più irritante: non ricordarsi il titolo e non capire quale accidenti di romanzo è nella serie. Non che il primo avesse un titolo meno arzigogolato, ma era il primo e l'ho ricordato perché è stato anche bellissimo.
Questo, invece, bellissimo non è. Ho dato due foglioline e mezzo perché credo - credo - che la colpa sia mia. Dico credo perché non voglio pensare male di questa autrice che mi piace così tanto e sto rifiutando inconsciamente che la Hoover abbia sbagliato.
Preferisco dare la colpa al fatto che ero al limite della sopportazione, a poche ore dalle ferie, consumata nel corpo e nella mente, assolutamente inadatta a leggere qualsiasi cosa che richiedesse un minimo di presenza di neuroni e di attenzione. Preferisco pensare di aver scelto di iniziare questo romanzo nel momento meno adatto, con la stanchezza di un anno intero di lavoro che mi stava proiettando verso un esaurimento nervoso cosmico, piuttosto di dare la colpa alla Hoover e bollare TCCSDND come un romanzo assolutamente inferiore al primo, noioso nel miglior caso e infantile nel peggiore, un banale seguito di un titolo che mi aveva toccata nonostante non fosse nelle mie corde.
Quindi ecco le due foglioline e mezzo, anche se il dubbio rimane.
Ora, spiegato il mio dubbio, posso dare libero sfogo a quello che mi ha lasciata perplessa di questo romanzo.
Tanto per cominciare i due protagonisti. Nel primo romanzo la Hoover ci aveva regalato una storia drammatica che toccava argomenti molto complessi, e due personaggi che ne hanno passate di tutti i colori, hanno sofferto e sono cresciuti diventando adulti prima del tempo ma meglio di tanti altri esseri umani. Quelli che invece ritroviamo in questo romanzo sono il pallido fantasma di Will e Layken, sono solo l'ombra di quello che erano e di quello che avrebbero potuto e dovuto diventare, sono due personaggi che si trascinano lungo uno schema che banalizza e appiattisce tutto quello che la Hoover aveva costruito con il primo.
Prendiamo due giovani che sono costretti a vivere come adulti, con tanto di bambini a carico e tutta la burocrazia quotidiana che ne deriva, e facciamoli sbattere contro il muro delle crisi adolescenziali (che ormai avrebbero dovuto superare da un po'), facciamoli comportare come due ragazzini insicuri, privi di nerbo, molli, schifosamente sdolcinati, una coppietta che gioca ad essere marito e moglie, due bambini che bisticciano ma che sono costretti a seguire il filo della realtà. Risultato? Nervoso e noia, noia e nervoso, mi saliva una voglia matta di prendere Layken, buttarla nella neve e darle una scarica di ceffoni, poi andare da Will e ripetere l'operazione.
Ad un certo punto non ne potevo più delle insicurezze di Layken e delle reazioni smidollate di Will, non li riconoscevo nei giovani adulti che mi ero costruita nella testa e mi sono dovuta fare violenza per non abbandonare la lettura. Certe smielature non fanno per me ma, in genere, le tollero nei romanzi purché siano in piccole dosi. In TCCSDND, invece, Will e Lake si danno tanti bacini pucci pucci, oppure litigano e si lasciano. Repeat. Bacini pucci pucci, ti lascio/soffro. Insomma, sul serio? Ok una, ok due, ma tutto il romanzo, tutta la relazione basata su questo schema senza il brivido del sesso - che avrebbe quantomeno reso più adulto il romanzo - non lo accetto e non lo sopporto. C'è un limite tra la poesia e l'essere infantili e ripetitivi a me sembra che questo sia stato ampiamente superato.
L'unica cosa che mi è piaciuta sul serio e nel quale ho ritrovato lo spirito della Hoover è stata la trovata del vaso con i messaggini in origami. Una cosa davvero bellissima - l'unico momento del romanzo che mi ha fatta commuovere - quella di seminare dei messaggi motivazionali in tutto il romanzo, come se l'autrice volesse infilare qualche momento di buon senso tra una sfuriata di Lake e una lagna poetica di Will. Ma non basta una bella trovata per salvare il resto, e per me c'è molto da salvare. A distanza di parecchi giorni le uniche cose che mi sono rimaste in testa sono state queste: la noia, il vaso e l'incidente finale - che, secondo me, non conta. La noia può anche essere una cosa personale e non riproporsi negli altri lettori - lo spero per voi -, così come il vaso può e dovrebbe commuovere tutti, mentre l'incidente finale è stata la giocata sporca della Hoover per raddrizzare il tiro e cancellare con un colpo le scuse infantili di Lake e sfruttare il dramma del pericolo di morte per rafforzare il lato drammatico del romanzo.
Per carità, è un romanzo scritto bene nel suo genere, è carino da leggere ma non coinvolge, non si avvicina neanche da lontano agli altri titoli scritti dalla Hoover e mette in dubbio la mia buona volontà nel proseguire la lettura di un eventuale pubblicazione del terzo titolo della serie Slammed. Ci devo pensare seriamente, nel frattempo mi riprendo con altri romanzi di Colleen, perché questa donna sa scrivere, anche se a volte si capotta da sola.

4 commenti:

Alice Land ha detto...

Eh purtroppo devo concordare, anche se continuo a pensare che il peggio della Hoover sia comunque superiore al meglio di molte altre autrici.
E' vero, anch'io mi aspettavo qualcosa di diverso. Però ho odiato meno i protagonisti, rispetto a te, perché è vero che sono dovuti crescere in fretta, ma ciò non toglie che sono giovanissimi e quindi gli perdono qualche sussulto adolescenziale.
Secondo me la Hoover ci ha messo meno sentimento in questo romanzo. Avrebbe dovuto chiudere con il primo.

Miraphora ha detto...

@Alice
"Però ho odiato meno i protagonisti, rispetto a te, perché è vero che sono dovuti crescere in fretta, ma ciò non toglie che sono giovanissimi e quindi gli perdono qualche sussulto adolescenziale."
Beh, insomma, proprio giovanissimi non sono. Lui è grande abbastanza per insegnare e lei va all'università. Mi sembravano dei ragazzini di 16 anni...

SilviaLeggiamo ha detto...

Secondo me è proprio questa serie a essere partita male. Insipida e anche fastidiosa, almeno per me!

Miraphora ha detto...

Il primo non era male, dai. Ma con il secondo siamo d'accordo...assolutamente insipida.