26 febbraio 2014

Ami McKay
La casa delle vergini

Titolo originale The Virgin Cure

Trama
Neri Pozza
pag. 336 | € 17,00
Nel 1871 a New York le grandi Avenue sono piene di immagini di benessere, luminose e sgargianti: case che brillano con la loro illuminazione a gas; uomini d'affari che camminano a passo svelto nei loro bei completi di ottimo taglio; venditori ambulanti che spingono i loro carretti con le merci fresche e ben ordinate anche a fine giornata. Basta, però, avventurarsi in una strada laterale per imbattersi in tutt'altra visione. A Chrystie Street, ad esempio, nei pressi della Seconda Avenue, le case sono lugubri caseggiati chiamati «i mattatoi» dove vivere comporta anche avere eccellenti probabilità di morire, uccisi dalle malattie o dalla fame, dalla rabbia di un vicino, o di propria mano. I ragazzi lì sono inevitabilmente destinati a diventare dei borsaioli, e le ragazze a vendere fiammiferi e spille, fiori e pannocchie calde, prima di vendere se stesse. Moth è nata nella zona più povera di Chrystie Street, da una chiromante dei bassifondi e da un uomo scappato di casa quando lei aveva tre anni, portando con sé l'unico pezzo d'argenteria di sua madre, una zuccheriera ossidata che lei aveva trovato fra i resti di un incendio nella Terza Avenue. A dodici anni Moth viene venduta dalla madre a una donna con lo sguardo dolce, gli occhi umidi e luccicanti e alti stivaletti di cuoio nero ai piedi: Mrs Wentworth, in cerca di cameriere servizievoli e compiacenti. Il destino di Moth è, tuttavia, altrove: alla Bowery, la zona della città piena di case vistose e chiassose, sale da ballo, alberghi di terza categoria, teatri di varietà, sale da concerto, baracconi per il tiro a segno, cenciosi suonatori di organetto e ragazzi dalla faccia triste. Lì Moth incontra Miss Everett, una bruna raffinata e affascinante, che al 73 della EastHouston Street gestisce una pensione speciale che ospita «cinque giovani signorine il cui allegro temperamento tende a scacciare la malinconia». È la casa delle vergini dove, come recitano i gioiosi annunci della pensione, «creature fatate sono devote al servizio di Cupido». È il tempo in cui vige il mito della «cura delle vergini», e gli uomini affetti da deformità o malattie incurabili sono disposti a pagare parecchio per intrattenersi con giovani donne, sperando di trarne miracoloso giovamento. Moth viene accolta al 73 della East Houston Street e istruita con eleganza da Miss Everett che le insegna a comportarsi come una Lady e a soddisfare nel modo migliore le necessità di un gentiluomo. Nella casa Moth fa, tuttavia, anche la conoscenza della dottoressa Sadie, una donna raffinata e colta, che le insegna, invece, ad avere rispetto e cura di sé e a cercare di sottrarre il proprio corpo e la propria anima a un destino forse ineluttabile.
Chi l'avrebbe mai detto che il paradiso fosse un bordello.
Per tutta la vita avevo desiderato intensamente che qualcuno mi volesse, che mamma dicesse di amarmi o che mio padre ricomparisse alla porta. Mi sembrava ingiusto che quello che succedeva nel salotto di Miss Everett fosse il tipo di desiderio che invece avevo ottenuto. Dubitavo comunque di poter migliorare la mia condizione facendo sapere a Dio che mi trovavo lì.

Commento
Per chi ha amato Il petalo cremisi e il bianco, c'era scritto sulla fascetta.
Per chi ama le storie dei bassifondi, di prostituzione e di nobiltà corrotta, di vicoli sporchi, di miseria infiocchettata, di merletti, corsetti sporchi e di una disperazione che striscia nelle strade di una Londra vittoriana fatta di opposti sociali.
Galvanizzata dall'accostamento con Faber, mi sono lasciata prendere dall'entusiasmo e ho scelto con cura il momento giusto per iniziare questo romanzo, nonostante la sua brevità mi avesse già messo il tarlo del dubbio nella testolina. Non ho ritrovato la stessa oscurità e la stessa morbosità di Sugar, non ho avuto l'occasione di rivivere una storia che ti strappa le budella e ti risucchia ogni pensiero positivo; eppure, a modo suo, la McKay ha scovato una voce nel marasma di giovani disperati con la stessa potenza, la stessa forza e la stessa capacità di centrare al petto il lettore di Sugar, con una piccola differenza. Moth è una bimba e, in quanto tale, ci permette di vivere la sua storia attraverso il velo dell'innocenza.
E' così che la McKay struttura il romanzo, anche graficamente, in un modo accattivante con tanto di cartina, di articoli di giornale, con note a margine fatte da un personaggio secondario e citazioni a inizio capitolo curiose, interessanti, tutte da leggere. Non solo è bello fuori - come ogni edizione Neri Pozza - ma è anche bello dentro, elegante e delicato, e confeziona un argomento che è tutto fuorché bello in un involucro sontuoso, fresco in un bilanciamento di opposti che affascina dalla prima pagina.
Lontano anni luce dalla brutalità di Faber, La casa delle vergini è una versione soft, quasi censurata, di una realtà cruda e brutta, di una moda documentata: la cura delle vergini. Sorprende pensare che una società così ricca - non solo economicamente - potesse partorire convinzioni al limite del pagano e sprezzanti di ogni precetto medico e culturale. L'ignoranza che nasce dalla paura, dalla corruzione del corpo e della mente, trovava sfogo nella disperazione di un ceto sociale che avrebbe fatto letteralmente di tutto pur di riempirsi la pancia. Eppure l'autrice non sbatte in faccia al lettore le azioni di questi nobili malati di sifilide, non ci descrive nei minimi dettagli di come stuprassero le bambine nella speranza che il sangue di vergine li guarisse dalla malattia. Non ci obbliga ad assistere a questi episodi, eppure ci impedisce di distogliere lo sguardo.
Ci accompagna con garbo nella vita di Moth (falena) e ci segue passo passo durante la sua disavventura della vita. A soli 12 anni Moth viene venduta dalla madre, insensibile ai legami materni e ossessionata all'idea di avere dei soldi in tasca. Cede la figlia ad una famiglia benestante dove Moth andrà a lavorare come cameriera. Per quanto sia tutto bellissimo, quasi un sogno ad occhi aperti, per la poverina la realtà diventa subito brutale e forse peggiore della sua vita precedente, fatta di cene misere e vestiti rammendati. La padrona è una donna cattiva a cui piace picchiare le sue cameriere in un crescendo di sadismo che - forse - porta anche alla morte. Moth cerca di resistere più che può, impegnandosi fino a sopportare percosse che le lasciano il segno, tutto in onore di una madre e nella speranza che un giorno verrà a riprenderla. Il limite della piccola viene superato, così Moth, pesta e malconcia, scappa dalla casa della padrona e per mesi è costretta a mendicare in mezzo alle strade, sporca, affamata, patita. Eppure Moth è abituata a questa vita e sopravvive grazie alla furbizia tipica di chi ha sempre vissuto tra gli stenti e, nonostante sia ancora giovane, riesce a scansare abilmente gli stupratori. Finché un giorno viene aiutata da una bellissima signorina, elegante e profumata, che le compra per pranzo delle ostriche e le offre un posto dove stare.
Per Moth è una seconda occasione ed è determinata a fare tutto purché Miss Everett le dia un letto e un pasto caldo, anche la puttana. Perché Moth non è una sciocca e sa bene che se viene accettata il suo futuro è quello di diventare una prostituta. Ma cos'è peggio? Morire al freddo e affamata o cedere una piccola parte di sé e vivere in un lusso che altrimenti si sognerebbe?
Cinica, realista, disillusa, Moth accetta senza battere ciglio e si impegna mille volte più delle altre per non inimicarsi la padrona.
A questo punto la McKay inserisce un altro personaggio, la dottoressa Sadie, con lo scopo di dare una visione diversa della vita delle prostitute dell'epoca. Se da un lato c'è Moth, che deve sopportare spogliarelli e lezioni in previsione della sua prima volta, dall'altra abbiamo Sadie e la sua missione nel salvare le sfortunate che vengono infettate dai loro clienti. Da un lato c'è la consapevolezza che la verginità - e la sua perdita al miglior offerente - è l'unico valore di una ragazza e dall'altro c'è il tentativo di dare un'alternativa, anche se meno lussuosa. Ma è evidente che se arrivi dalla strada, l'idea di venderti non ti turba più della prospettiva di tornare sul marciapiede e la lotta muta tra Moth e Sadie ha il potere di monopolizzare tutto il resto della storia. Moth segue il declino di una delle sue compagne e per estensione comincia ad aprire gli occhi su una realtà che non vuole accettare, soprattutto da quando esce da quella casa e sperimenta altri lavori, altre prospettive.
Il finale è, naturalmente, un riscatto per la piccola Moth e per tutte le ragazze che, come lei, hanno patito sulla loro pelle le disgrazie di un ceto sociale che all'epoca era un vero e proprio problema sociale. Stucchevole, forse, la scelta di salvare sempre la protagonista e risparmiarle i lati più oscuri del mestiere. Niente a che vedere con Faber che di pietà non ne ha avuta per niente.
Stilisticamente fluido, scorre leggero e riesce ad ammorbidire l'orrore di una realtà neanche tanto lontana nel tempo e fa affiorare dalle pagine un personaggio che sotto lo strato di sudiciume, sotto i pizzi e sotto le sembianze di una bambina, ha una visione ben precisa della sua vita.
Manca qualcosa, è chiaro, manca la crudezza, manca la volgarità, manca il dettaglio brutale che rende tutto più reale, meno infiocchettato e meno ripulito per una resa più elegante e spensierata. Nonostante questo, però, è un romanzo che riesce a comunicare la sua brutta storia anche senza essere un ariete che sfonda la tranquillità della lettura e, una volta chiuso, il suo messaggio è di speranza pulita, vera, la speranza della ragazzina Moth e non della disperata Moth.

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