6 novembre 2013

Adele Vieri Castellano
Il gioco dell'inganno

Trama
Leggereditore
pag. 480 | € 10,00
Venezia, 1796. Lorenza, la giovane figlia del barone Marianin, sa che la attende un matrimonio senza amore e vuole concedersi un’ultima giornata di libertà tra le calli invase dalla folla colorata e festante del Carnevale. Bellissima e spavalda, non sa che la frenesia e la confusione nascondono grandi pericoli per una ragazza sola e sta per essere vittima della violenza di due uomini mascherati. Ma in suo soccorso arriva la più fosca e sinistra delle maschere: la baùta. Chiunque si nasconda dietro quel volto di cartapesta, ha negli occhi e nella voce il fascino della notte che è insieme rifugio dei briganti e covo delle stelle. Aristocratico o spia, la baùta non vuole rivelare il suo nome, trincerandosi dietro la sua fermezza elegante e decisa. Lorenza sa che non riuscirà a dimenticarlo, senza immaginare che poco tempo la separa dall’incontrarlo di nuovo… L’uomo misterioso è un’ombra tra le ombre che si muovono nella fitta rete di inganni della politica veneziana, in cui Lorenza sarà presto coinvolta in un crescendo di rivelazioni fatali e infuocata passione.

Commento
Swiiisssssh...swishhhhhhhhhhhh.
Capito cos'è? No? Niente? Nessuna idea?
Swisssshhhhhhhhhh ciak!
Ma è la frusta di Jacopo Barbieri! *frusta chi non lo aveva capito*
Allora donna Adele, parliamone. Rufo, bello, romano, scuro e cattivello *è ammore*. Aquilato, biondo batavo tutto dorato e muscoloso *sbav*. Jacopo Barbieri sfregiato con la maschera e la frusta! *muore*
Seriamente. La prossima volta mi devi spiegare come ti escono questi uomini dalla testa, perché va bene crearli gnocchi - a quello son capaci tutte - ma pure con un cervello funzionante, una testa di tutto rispetto e un carattere fatto e finito come se fossero veri, questo me lo devi spiegare (tra una fetta di salame e l'altra). 
Poi, vabbé, che il trucido unto in copertina non rispecchi per niente il carisma di Jacopo e il suo ruolo all'interno del romanzo credo che lo abbiano capito tutte le persone che hanno letto il libro. Jacopo non ha bisogno di tendere la tartaruga per mandarci in crisi ormonale. Deve solo fissarci con il suo occhio scuro e attento e...beh...ci partono i neuroni. Anche perché, a me, tutto quell'unto fa venire voglia di tirare fuori la spugnetta e lo sgrassatore e ripulirlo per bene *che schifo*.
Ok, adesso basta con le scemenze, mi ricompongo e passo al commento serio.
Al contrario dei primi due romanzi, che ho letto e recensito subitissimo, con Il gioco dell'inganno ho fatto un esperimento. Ho provato ad aspettare qualche giorno prima di riprenderlo in mano per vedere se l'effetto e il ricordo fossero uguali a quelli iniziali. Anche se a caldo il verdetto è positivo, capita che le sensazioni date dalla storia si affievoliscano dopo poco tempo. Una specie di prova del nove, quindi, per capire se la sciura Castellano è una di quelle autrici che cambia la sua impronta quando cambia ambientazione, o se è riuscita - once again - a lasciare un segno tra le tante letture del genere.
Verdetto? Se i romani sono stati la sua fortuna, il veneziano è la sua conferma.
Con le dovute modifiche per adattare lo svolgimento della storia all'epoca dell'ambientazione, lo stile della Castellano resta quasi lo stesso, corposo e deciso, sensoriale ed evocativo. Mi piace come usa le parole per creare delle immagini precise nella testa del lettore, come riesce a far diventare importanti piccoli dettagli che normalmente vengono trascurati e che, con lei, sono determinanti nella descrizione di un personaggio. In Jacopo, per esempio, la prima immagine che mi si è formata nella mente è stata quella di una figura scura, imponente con il mantello che si muove a ritmo con il suo passo: "Il tabarro si sollevava ad ogni passo per poi ricadere sfiorando il selciato." Questo, per me, è più potente di qualsiasi bel viso e tartaruga scavata.
Tutto è vivido e dettagliato come un film, ma con l'aggiunta dell'intimità della lettura. E' il romanzo, quindi, che sfrutta questo effetto e non solo le scene romantiche e d'amore - ridotte e meno strappamutande rispetto ai romani; i personaggi escono fuori dalle pagine precisi e reali, da Jacopo e Lorenza fino allo stalliere e alla cameriera. Senza contare che Venezia non è solo un luogo, ma una componente importante del romanzo: è parte di Jacopo ed è sfondo della storia d'amore e delle vicende che si sviluppano durante la narrazione.
Senza dubbio la Castellano ha superato la mia prova forse più con Il gioco dell'inganno che con i due romanzi precedenti. Ha saputo dare maggior importanza e risalto alla struttura, alla forma, alla cura della parola, ed è riuscita a creare una connessione tra la pancia del lettore e lo scorrere delle scene. Ad un certo punto mi sono resa conto di non aspettare l'inevitabile scena d'amore perché tutto quello che leggevo mi appagava talmente tanto che non sentivo il bisogno della solita romanticheria da manuale. Precisa la struttura, sì, ma coinvolgente e ipnotizzante la storia, per cui il risultato finale è una lettura serratissima dalla prima all'ultima pagina.
A questo punto devo per forza spendere quelle 2 paroline sul protagonista. Io ho un debole per il maschio mascherato - da non confondere con Zorro, please. Se dietro la maschera c'è un uomo con una fisicità importante - se mi capite - e movenze marcate, e se poi da sotto il tabarro gli spunta una mano guantata e una frusta io sono fritta. Il non sapere chi si nasconde dietro la bauta, sentire la sua voce cavernosa, vedere lui attraverso Lorenza e viverlo senza essere influenzate dall'aspetto esteriore è un'esperienza viscerale. In quel momento non è solo Lorenza a provare il bisogno fisico di sollevare la maschera, ma anche chi legge sente lo stesso impulso. Il fascino potentissimo dell'anonimato stimola la fantasia della protagonista e della lettrice perché l'uomo mascherato potrebbe essere chiunque eppure in quel momento esatto è la persona di cui Lorenza ha bisogno e che risponde ai suoi desideri e alle sue necessità. Quella tra Lorenza e Jacopo è una connessione che va al di là dell'attrazione e che si evolve piano, con calma e l'evoluzione del loro amore è una vera - ma bellissima - sofferenza. Poi arriva il colpo di grazia, quello che fa stramazzare al suolo. Da bauta senz'anima, Barbieri scopre che tutto sommato l'anima ce l'ha ed è proprio Lorenza a grattare via quello strato di bugie che ha coperto il vero Jacopo: "Ho gettato via la larva. Verrò con questa faccia, dovrete accontentarvi dell'uomo vero e non dovete averne paura."
Ogni giro di pagina è una scoperta nuova sulla personalità di Barbieri, sulle sue motivazioni, sui suoi desideri e sui suoi sentimenti e la persona che esce è un uomo complesso, profondo e intenso, capace di forti impulsi, di grande passione e fedeltà, e semplice, in un certo senso, nel voler ritagliarsi qualcosa - e qualcuno - per sé. Jacopo è come un buco nero: è oscuro e potente, ed esercita un'attrazione che ha fatto gravitare la Mira-particella nel suo campo, inglobandola senza speranza di salvezza.
Mentre Rufo e Aquilato sono istinto puro, carne e sangue, Jacopo è più mentale, quasi un'esperienza spirituale. In più dalla sua bocca escono delle dichiarazioni d'amore così pure e struggenti che ti tramortiscono, mentre lui continua come se non avesse appena fatto piangere Lorenza, me, e tutte le comari che lo hanno letto. Bello sotto la maschera, bello dentro e bello fuori.
Con un personaggio maschile così potente, poche eroine possono uscire dalla sua ombra e affermarsi indipendenti. Lorenza ci riesce per buona parte del romanzo, tenendo testa alle convenzioni sociali dell'epoca, alle aspettative del padre e al matrimonio con quel burattino di uomo. Mi piace che non venga magicamente risparmiata e che sopravviva ad ogni episodio che le intralcia la strada verso la felicità. La rende meno impagliata, meno finta e più vicina ad una donna reale. Infatti, con quello che le capita, si capisce subito il suo attaccamento verso la bauta e poi verso Barbieri e si giustifica ampiamente la sua ossessione fisica ed emotiva. Purtroppo, però, appena cede ai sentimenti Lorenza perde autorità e si lascia trascinare dal carisma di Jacopo come una classica eroina di romance. Non la definirei mollacciona, questo no, però la sua forza e il suo carattere svaniscono un pochino di fronte all'ingombrante evoluzione del personaggio di Barbieri.
In ultimo - perché mi sto dilungando veramente troppo - devo elogiare la scelta della Castellano di intrecciare una storia di spie, di guerra e di politica che rivendica una buona parte della narrazione senza pestare i piedi a quella romantica e ai due protagonisti. L'avventura coesiste con l'amore in armonia, senza stufare e senza appesantire la lettura, e in alcuni casi diventa addirittura più intrigante della relazione tra Jacopo e Lorenza. Sarebbe ingiusto cercare di riassumere la trama perché non renderei giustizia non solo al romanzo ma anche al piacere di scoprire la storia durante la lettura. Mi limito a questo, quindi, per non rovinare la bellissima sorpresa a chi vorrà leggere la storia di Jacopo e di Lorenza.
Il gioco dell'inganno è un libro corposo, che non sono riuscita a divorare in poche ore come con Rufo e Aqui perché sentivo il bisogno di rallentare per cogliere tutte le sfumature della storia. Va letto con calma, con pazienza, con una scorta di post-it per segnare tutte le citazioni e le parti emozionanti e con la voglia di vivere un'avventura a tutto tondo e non solo una storia d'amore - per quello ci sono altri tipi di romance.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Aaaaargh! Mi ero persa questa uscita, malediciòn!!!
Ok, considerato quanto amo questa donna (e quanto ho amato la recensione) sarà mio in 3, 2, 1 U.U!!!
*Morwen*

Anonimo ha detto...

Bello, bellissimo! Un libro che ho letto, ri-letto e ri-ri-letto. Consigliato per la trama accattivante e per lo sviluppo dei personaggi. E poi...Jacopo forever!