29 aprile 2013

Victor Hugo
Notre-Dame de Paris

Trama
Newton & Compton
347 pag. | € 6,00
Esmeralda, una giovane zingara di grande avvenenza, è solita danzare sul sagrato della chiesa di Notre-Dame, cuore della Parigi medievale. L'arcidiacono Frollo è attratto dalla giovane donna e, pur fra sentimenti contraddittori, cerca di farla rapire dal campanaro Quasimodo, un essere deforme fino alla mostruosità. Ma il capitano Phoebus de Châteaupers la trae in salvo e conquista il suo amore. Il fascino di questo romanzo sta nell'essere una cronaca dell'autunno del Medioevo e nella descrizione della brulicante folla parigina, composta di mendicanti, preti, scudieri del re: una folla che ruota attorno all'enigmatica macchina della cattedrale. Una vicenda melodrammatica, tetra, grottesca, che ha commosso lettori di tutti i tempi e spesso ispirato il mondo del cinema.
"Perché l'amore è come un albero: germina da sé,getta profondamente le sue radici in tutta la nostra vita,e continua spesso a verdeggiare sopra un cuore in rovina."
Commento
Che grande soddisfazione ti danno certi romanzi. Quando temi il mattone, quando temi di trovarti di fronte una barriera che vuoi a tutti i costi superare, non c'è niente di meglio dell'essere smentita e di chiudere il libro commossa.
Quando ho deciso di mettere Notre-Dame de Paris nella mia lista di classici must read lo avevo fatto grazie allo slancio del viaggio a Parigi. Oltre a Hugo avevo messo anche Leroux con il suo Fantasma dell'Opera ma, mentre con Leroux non avevo avuto nessun timore, con Hugo ho temuto di rimanere incagliata nella lettura e di subire una forte delusione. Tuttavia ho aspettato, convinta come sono che i classici debbano farsi avanti da soli, e a distanza di 1 anno dalla mia visita a Parigi ho scoperto che i miei ricordi sono tutt'ora molto vividi. Notre-Dame è una delle cose che ricordo meglio, la cui visita mi ha lasciato un segno, un ricordo che conservo con felicità e ritrovare la cattedrale come protagonista di questa opera mi ha aiutata enormemente ad affrontare con tranquillità la lettura.
Non so perché Hugo suscitava in me l'idea di essere uno scrittore estremamente impegnativo, forse perché l'ho sempre associato a I miserabili - opera sicuramente impegnativa per la sua lunghezza - o forse perché ogni persona che lo aveva letto smontava il mio entusiasmo. Nonostante tutto ho fatto bene a mettere da parte ogni paranoia e buttarmi a capofitto in questo romanzo, perché Hugo ha uno stile così particolare che è impossibile rimanere indifferenti: nel bene o nel male, Hugo lascia un segno. Il modo in cui descrive la società francese, ed in particolare quella parigina, trasuda cinismo e ironia assieme, si prende gioco della sua stessa gente e con schiettezza narra ciò che lui crede essere la realtà. Anche in una storia inventata come quella di Quasimodo, Hugo inserisce moltissimi elementi sociali fedeli alla storia e si sbizzarrisce nella descrizione dell'ambientazione con una cura quasi ossessiva: i vicoli, i panorami, i profili della città in base ai diversi punti di vista, l'architettura, ogni cosa è così curata, così precisa che ci si immedesima nell'ambiente con una naturalezza sconcertante.
D'altronde, quando la scenografia principale è un luogo come Notre-Dame niente può essere lasciato al caso, né al suo interno, né all'esterno, perché la cattedrale è il cuore pulsante della storia e da essa si diramano le arterie - i personaggi principali - e le vene - le trame secondarie.
Ritrovare Notre-Dame nella sua bellezza originaria, saper riconoscere ciò che l'autore descrive è magico. D'ora in poi mi sforzerò di avere un'immagine chiara e nitida dei luoghi dove vengono ambientati i romanzi, perché la ricchezza che la lettura raggiunge è impareggiabile.
Se si riesce a superare il blocco consistente e ricorrente delle descrizioni di Hugo (facendo fatica o meno) si arriva alla sostanza, alla trama portante della storia: Quasimodo, Frollo, Esmeralda, Gringoire, Phoebus. Ecco qui, i protagonisti della storia, uno più strano dell'altro. Quasimodo è il gobbo deforme, il campanaro sordo e muto quando vuole, un essere che non conosce nulla delle pastoie mentali della società, puro quasi come un bambino nell'espressione dei suoi sentimenti. Mai malvagio, mai violento, Quasimodo è un eroe atipico, colui che si spera trovi felicità alla fine del romanzo e colui che in quella fine strappa lacrime dagli occhi del lettore. Quasimodo è un personaggio tenero, privo di malignità e di malizia, devoto e grato del poco che la vita gli ha dato: il suo benefattore Frollo, colui che lo ha salvato e che gli ha dato identità e scopo, le sue campane, l'unico suono che riesce a sentire, la sua cattedrale: "Notre-Dame era stata successivamente per lui man mano che cresceva e si sviluppava, l'uovo, il nido, la casa, la patria, l'universo." Poi arriva Esmeralda, una visione di gentilezza e purezza che lui adora con la consapevolezza di non poter mai essere ricambiato. Eppure, a modo suo, Esmeralda ha dato affetto a Quasimodo con la sua strana amicizia. Per quanto lei sia cieca ed egoista, nel suo piccolo ha saputo ammorbidire la disillusione di Quasimodo nei confronti dell'amore. Proprio alla fine, nel paragrafo più straziante di tutto il romanzo, si capisce bene che il gobbo ha nutrito con devozione la sua idea di amore fino ad annullarsi completamente.
Frollo merita di essere considerato in modo più completo: alla faccia delle trasposizioni cinematografiche (ho visto la versione della Disney ed è oscena), Frollo è vittima e carnefice, è il personaggio che più di tutti subisce una sorte drammatica, un declino totale e irreversibile di sé stesso. Frollo, all'inizio, è un personaggio rigido ma buono, è colui che ha salvato il piccolo Quasimodo, che lo ha curato, che lo ha coltivato, è un uomo di cultura, uno studioso meticoloso e devoto, un arcidiacono severo ma rispettato: non è il cattivo bavoso e libidinoso, quello che vuole possedere Esmeralda. Frollo, però, è un uomo e come tale ha le sue debolezze: per lui è la passione, che lo consuma fino alla pazzia, è il desiderio di possedere la bellezza e la purezza di Esmeralda - si va molto più in là del semplice atto sessuale - che lo porteranno a prendere decisioni difficili, terribili. Ai miei occhi Frollo è una vittima, alla stessa stregua di Quasimodo e di Esmeralda, perché lui più di tutti riconosce le sue colpe, le sue debolezze ed è impotente di fronte alla sua discesa nell'inferno. Inferno che ha l'aspetto di una ragazzina, di una zingara che balla con la sua capretta delle piazze di Parigi, che rifugge ogni gesto passionale o violento, un esserino troppo ingenuo per essere vero. Esmeralda, che personaggio strano. L'ho odiata per la sua evidente incapacità di riconoscere la realtà, per la sua incapacità di trovare dentro di sé compassione, umanità, presa com'è dalla sua infatuazione giovanile per quel pezzo di cretino di Phoebus. Tutto sommato, però, Esmeralda è vittima anche lei e alla fine ci dispiace che - così giovane - sia stata costretta a subire un'ingiustizia dietro l'altra.
Phoebus non meriterebbe nemmeno di essere nominato, ma bisogna farlo per amore di completezza, mentre Gringoire è forse l'unico personaggio che non lascia l'amaro in bocca: pragmatico, un po' depresso ma sempre pronto a rialzarsi e ad adattarsi, Gringoire segue il corso degli eventi ma è abbastanza furbo da lasciarsi sempre una via di fuga, una seconda possibilità lontano dalla baraonda creata da Frollo e da Phoebus.
Nonostante il tono ironico, schietto e preciso di Hugo la storia è drammatica, triste, difficile. Accoglie tematiche oscure - stregoneria, discriminazione, povertà, disperazione, ignoranza - e cerca di dare un tono che permetta di affrontarle senza sentirne il peso. Con una facilità che lascia spiazzati si arriva alla fine e si sfata completamente il preconcetto che Hugo - o gli scrittori francesi in generale - sia pesante e noioso.
La fine, una fine tragica e straziante è la chiusura perfetta per una storia che è stata dalla prima pagina un crescendo di tristezza e dramma, una storia che fa sorridere e piangere - lacrimoni veri, di quelli da singhiozzo - che spiazza e che sorprende ad ogni giro di pagina.
Notre-Dame de Paris è da leggere, è così bello, così perfetto, toccante, appassionante, umano, fantastico, che non si può pensare di farne un commento che lo eguagli. Bisogna guardare Parigi dalle torri di Notre-Dame e sentire Quasimodo che suona le sue campane. 

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono totalmente d'accordo con la tua recensione. Io l'ho letto parecchi anni fa e anch'io avevo da poco fatto un viaggio a Parigi e oltre tutto in quel periodo ero totalmente "persa" per la grandiosa opera musicale di Cocciante, addirittura ho riconosciuto nella lettura del romanzo delle intere frasi che erano anche nei testi delle canzoni. Non mi aspettavo che Gringoire fosse spiritoso e mi facesse sorridere e non pensavo di arrivare invece alle lacrime in alcuni punti. Io non ho le basi di studi classici perciò non mi sarei mai sognata di acquistarlo e sopratutto di riuscire a leggerlo se non mi fosse stato regalato.
Avevo l'impressione che fosse troppo "difficile" per me... Invece sono rimasta sbalordita dalla freschezza di questo romanzo che a dire il vero sembra sia stato scritto in un periodo più recente. Un'opera veramente magnifica..
Ti faccio i complimenti per le tue recensioni, sempre interessanti,un abbraccio Manù

Miraphora ha detto...

Ciao Manu e grazie per il commento.
In effetti anche io ho avuto l'impressione che lo stile di Hugo fosse contemporaneo, quasi non me lo aspettavo. Probabilmente è per questo che mi ha colpita così tanto, forse con un tono meno informale la storia avrebbe perso gran parte della sua magia...